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(it) Italy, FdCA, IL CANTIERE #37 - I L MOVIMENTO ANARCHICO A TORINO DAL BIENNIO ROSSO AL FASCISMO (1919-1922) - Paolo Papini (ca, de, en, pt, tr) [traduzione automatica]
Date
Sun, 5 Oct 2025 08:04:43 +0300
In una fase di arretramento delle lotte come quella attuale, è
importante ricordare i momenti in cui la classe
lavoratrice ha saputo sviluppare una forte conflittualità e solidarietà
per la difesa e l’avanzamento dei propri diritti, esprimendo
l’aspirazione a una società fondata sull’uguaglianza economica, la sola
che possa garantire il benessere collettivo e la libertà individuale.
---- 105 anni fa, nel settembre del 1920, oltre mezzo milione di operai
in tutta Italia occuparono le fabbriche in cui lavoravano,
rivendicandone il possesso e avviando la gestione diretta della
produzione. Il movimento dei Consigli di fabbrica ha avuto a Torino il
suo punto di forza e i militanti dell’anarchismo di classe vi hanno
svolto un ruolo di primo piano, guidando le grandi lotte sindacali,
rivoluzionarie e contro il fascismo.
La storia del Biennio rosso (1919-1920) e dell’occupazione delle
fabbriche, nonostante la sconfitta, ma anche attraverso di essa, ci
insegna che gli anarchici possono incidere quando stanno nei movimenti
di massa e che solo l’unità di classe, organizzata negli organismi
autonomi operai, è la via per battere il riformismo e la borghesia.
1. Dalla fine della guerra all’occupazione delle fabbriche (1919-1920)
Il Biennio rosso 1919-1920 ha segnato il momento più alto della
conflittualità sociale e della tensione rivoluzionaria nella storia del
nostro paese. Torino, con centocinquantamila operai, cinquantamila dei
quali nel settore metallurgico, fu il fulcro di quella grande stagione
di lotte sindacali e rivoluzionarie: “il cervello del proletariato”,
come la chiamerà lo storico libertario Pier Carlo Masini.
Il movimento anarchico cittadino, organizzato nell’Unione Comunista
Anarchica Piemontese (UCAP), contava nel 1919 una decina di gruppi e
circa trecento militanti, un centinaio dei quali attivisti e quadri di
base della Federazione Italiana Operai Metallurgici (FIOM), sindacato di
settore della Confederazione Generale del Lavoro (CGL). Presenti nelle
maggiori fabbriche, a partire dalla FIAT, essi rappresentarono l’anima
del movimento dei Consigli di fabbrica insieme ai militanti comunisti,
allora nel Partito Socialista (PSI).
Oltre ai gruppi, presenti in tutti i quartieri operai, gli anarchici
disponevano della Scuola Moderna «Francisco Ferrer», circolo culturale e
ricreativo con alcune centinaia di aderenti. Gli individualisti e gli
antiorganizzatori rappresentavano una minoranza, riunita intorno alla
rivista «Cronaca Sovversiva» e alla sezione locale dell’Unione Sindacale
Italiana (USI).
Già protagonisti della rivolta popolare contro la fame e la guerra nel
1917, gli anarchici torinesi furono tra i principali sostenitori dei
moti del caroviveri del luglio 1919, che videro le masse lavoratrici,
affamate dall’inflazione postbellica, impadronirsi della città
requisendo negozi e magazzini, scavalcando la burocrazia sindacale
riformista e imponendo i propri organismi di base.
Il 1° maggio la polizia attaccava il grande corteo dei lavoratori, scesi
in piazza in centomila, causando due morti, uno dei quali anarchico –
Domenico Arduino, fonditore alla Lancia e militante della FIOM – e
diversi feriti gravi, tre dei quali nostri compagni.
Dopo continue ondate di scioperi, in agosto sorsero alla FIAT e nei
principali stabilimenti metallurgici i primi Consigli di fabbrica,
istituti del potere operaio diretto. Tra i commissari di reparto, eletti
dai lavoratori in tutte le fabbriche, molti sono anarchici, soprattutto
alla FIAT Ferriere e Lingotto. Gli anarchici Pietro Ferrero e Maurizio
Garino, operai metallurgici e dirigenti di base della FIOM, presero
parte al Comitato di studio che elaborò il programma del consiliarismo
rivoluzionario, insieme a Gramsci e al gruppo comunista de «L’Ordine
Nuovo».
In novembre il congresso provinciale della FIOM, composto in maggioranza
da commissari di reparto, elesse Ferrero segretario e Garino nel
Comitato direttivo. L’alleanza tra gli anarchici e i comunisti, ora a
capo del PSI cittadino, conquistò anche la Camera del lavoro,
sconfiggendo la corrente riformista. Errico Malatesta, accolto a Torino
in dicembre al ritorno dall’esilio a Londra, loderà l’azione dei
compagni nella FIOM e nei Consigli di fabbrica.
Mentre nascevano nuovi Consigli in tutti i settori industriali, nel
marzo 1920 scoppiò lo “sciopero delle lancette” contro l’introduzione
dell’ora legale, col quale gli operai intendevano affermare il potere
dei Consigli nelle officine. Per la prima volta vennero occupate le
fabbriche, bloccando la produzione. In aprile lo sciopero generale si
allargò a tutto il Piemonte coinvolgendo mezzo milione di lavoratori.
Il Comitato d’agitazione, guidato da Ferrero e Garino insieme ai
comunisti, dichiarava lo sciopero insurrezionale e l’espropriazione
delle fabbriche e lanciava un appello agli operai di tutta Italia, ma la
repressione statale e gli accordi dei vertici della CGL col governo
misero fine all’agitazione.
Il congresso dell’Unione Anarchica Italiana (UAI) approvò in luglio il
programma dei Consigli di fabbrica presentato da Garino, trovando
l’opposizione della minoranza antiorganizzatrice, che sosteneva
l’autosufficienza del movimento anarchico e rifiutava la collaborazione
coi comunisti.
Nel corso dell’estate la vertenza nazionale per il contratto dei
metallurgici contrappose duramente la FIOM, spinta dalla base operaia, e
la Confindustria, arrivando in agosto alla rottura delle trattative,
allo sciopero e alla conseguente serrata padronale.
Su decisione dei Consigli di fabbrica e del Comitato d’agitazione della
FIOM, diretto da Ferrero, il 1° settembre gli operai occupavano la FIAT
Centro, la più grande fabbrica torinese, e tutti i principali
stabilimenti metallurgici, avviando la gestione diretta della produzione
e organizzando la difesa con le guardie rosse. In pochi giorni furono
occupate anche le fabbriche degli altri settori industriali, fino ad
arrivare a centomila operai e duecento stabilimenti coinvolti, mentre si
sperimentava l’autogestione dei trasporti, delle comunicazioni e dei
rifornimenti alimentari. Malatesta sostenne fortemente la lotta,
propugnandone lo sbocco rivoluzionario sul quotidiano anarchico «Umanità
Nova», fondato all’inizio dell’anno. “Lavoratori – scriveva l’8
settembre – un’occasione più favorevole di questa, per tentare la
definitiva liberazione non si è mai presentata fino ad oggi, né possiamo
sapere se e quando si ripresenterà: non lasciatela dunque passare
inutilmente! La forza, oggi siete voi, e la impotenza del governo contro
la vostra volontà è evidente. Osate ancora, osate di più, e la vittoria
non potrà mancare!”.
Conflitti armati tra guardie rosse e forze dello Stato si verificarono
nelle strade e in diverse fabbriche, come alla Savigliano e alla Biak,
causando quindici vittime. Alla Capamianto caddero due militanti
anarchici dell’USI – Alfonso Garamella e Raffaele Vandich – mentre altri
saranno condannati per detenzione di armi, suscitamento di guerra civile
e omicidio. Di fronte alle provocazioni del nascente squadrismo fascista
gli operai risposero fermamente con la loro forza organizzata, come alla
FIAT Centro e alla SPA.
Il 15 settembre CGL e Confindustria firmavano con il capo del governo
Giolitti un accordo per la partecipazione dei lavoratori alla gestione
delle aziende, il cosiddetto “controllo ooperaio”, e sensibili aumenti
salariali, con il quale si mirava a far cessare l’occupazione delle
fabbriche. Il 22 l’accordo fu approvato dal congresso nazionale
straordinario della FIOM, egemonizzato dai riformisti, che sancì la
smobilitazione delle occupazioni. Nonostante la resistenza dei Consigli,
le ultime fabbriche furono restituite ai padroni il 29 settembre.
2. Dallo sgombero delle fabbriche alla strage del 18 dicembre (1921-1922)
La sconfitta del movimento dei Consigli segna la fine del Biennio rosso
e l’inizio della reazione antioperaia che porterà al fascismo. Luigi
Fabbri, dirigente e teorico comunista anarchico, definirà
“controrivoluzione preventiva” questa azione combinata di pressione
economica padronale, repressione statale e violenza squadrista.
Allo sgombero delle fabbriche seguirono infatti migliaia di
licenziamenti e arresti dei militanti operai più attivi durante
l’occupazione, a partire da comunisti e anarchici. Mentre nel nord
Italia si moltiplicavano le spedizioni punitive fasciste, in ottobre a
Milano venivano arrestati Malatesta, i redattori di «Umanità Nova» e i
dirigenti dell’USI, accusati di incitamento all’odio di classe e
insurrezione contro i poteri dello Stato.
A Torino l’USI si rafforzava con l’uscita di molti lavoratori dalla CGL,
ritenuta responsabile della resa di settembre, e la minoranza
antiorganizzatrice accusava di opportunismo Ferrero e Garino, sostenuti
dall’Unione Anarchica Piemontese (UAP, nuova denominazione dell’UCAP) e
dai militanti anarchici della FIOM. Restando comunque minoritaria, l’USI
sarà colpita per prima dalla repressione e dallo squadrismo.
Nel marzo 1921 la strage del teatro Diana di Milano, compiuta da un
gruppo di individualisti per rivendicare la liberazione di Malatesta e
degli altri dirigenti anarchici arrestati, scatenò nuove violenze
squadriste, legittimando il fascismo come strumento di ordine sociale,
inasprendo la repressione e screditando il movimento anarchico agli
occhi dei lavoratori.
In seguito all’assalto squadrista contro la Camera del Lavoro, dove
l’UAP aveva la propria sede, in luglio nascevano anche a Torino gli
Arditi del popolo, milizie antifasciste guidate da anarchici e comunisti.
Il neonato Partito Comunista d’Italia (PCd’I), che aveva a Torino la sua
struttura più forte, impose ai militanti di uscire da
quell’organizzazione di massa per aderire alle proprie squadre di
autodifesa. Ciò indebolì il fronte antifascista unitario già
pesantemente colpito dalla repressione, proprio mentre dilagavano gli
attacchi contro sedi e militanti delle organizzazioni operaie.
Forte della vittoria del settembre precedente il padronato impose decine
di migliaia di licenziamenti e forti riduzioni salariali, minando la
forza del proletariato torinese. La repressione colpiva sempre più
duramente, con centinaia di condanne contro i militanti dei Consigli di
fabbrica e degli Arditi del popolo. Gli anarchici sono impegnati
nell’organizzazione degli scioperi, nel Comitato unitario per le vittime
della repressione e nella campagna internazionale per la liberazione di
Sacco e Vanzetti, costituendo nuovi gruppi e preparando la difesa delle
sedi.
Il fallimento dello sciopero generale antifascista dell’agosto 1922,
gestito con debolezza e opportunismo dai vertici riformisti della CGL,
spianò la strada alla marcia su Roma. Torino, capitale operaia, sarà
l’ultima città ad arrendersi al fascismo, che si imporrà solo in
dicembre con la distruzione della Camera del lavoro e la strage di
undici lavoratori e militanti sindacali, tra i quali il nostro compagno
Pietro Ferrero, rimasto fino all’ultimo alla guida della FIOM.
.
Bibliografia
Guido Barroero, Tobia Imperato (a cura di), Il sogno nelle mani. Torino
1909-1922. Passioni e lotte rivoluzionarie nei ricordi di Maurizio
Garino, Zero in Condotta, Milano, 2011.
Adriana Dadà, L’anarchismo in Italia: fra movimento e partito. Storia e
documenti dell’anarchismo italiano, Teti, Milano, 1984.
Luigi Fabbri, La controrivoluzione preventiva. Riflessioni sul fascismo,
Cappelli, Bologna, 1922.
Gaetano Gervasio, Giovanna Gervasio, Un operaio semplice. Storia di un
sindacalista rivoluzionario anarchico. 1886-1964, Zero in Condotta,
Milano, 2011.
Daniel Guérin, L’anarchismo dalla dottrina all’azione, Savelli, Roma, 1974.
Carl Levy, Gramsci and the Anarchists, Berg, Oxford-New York, 1999.
Pier Carlo Masini, Anarchici e comunisti nel movimento dei Consigli a
Torino (primo dopoguerra rosso 1919-1920), Gruppo Barriera di Milano,
Torino, 1951.
Pier Carlo Masini, Antonio Gramsci e l’Ordine Nuovo visti da un
libertario, L’Impulso, Livorno, 1956.
Paolo Spriano, L'occupazione delle fabbriche. Settembre 1920, Einaudi,
Torino, 1964.
Documenti fotografici
1. Assemblea operaia alla Fiat Centro occupata («L’Illustrazione
Italiana», 26 settembre 1920); 2. Maurizio Garino (Archivio Famiglia
Garino, Torino); 3. Prima pagina del quotidiano anarchico «Umanità
Nova», 5 settembre 1920.
Su questo argomento è disponibile l’opuscolo Pietro Ferrero, un eroe
operaio, Quaderni di Alternativa Libertaria, 2022.
Richiedere a ilcantiere@autistici.org.
https://alternativalibertaria.fdca.it/
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