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(it) Italy, FdCA, IL CANTIERE #37 - Per salvare GAZA e noi stessi, è ora di razionalizzare la speranza - Alessandro Ferretti (ca, de, en, pt, tr) [traduzione automatica]
Date
Sat, 4 Oct 2025 08:44:30 +0300
Ormai le volte in cui abbiamo pensato "speriamo" dopo le dichiarazioni
di qualche governo o di qualche grande istituzione sono centinaia.
Abbiamo sperato in una svolta con i pronunciamenti della corte dell'Aja
e dell'ICC, con le voci di dissidi Biden-Netanyahu e Trump-Netanyahu,
con gli stati che hanno riconosciuto la Palestina, con il PD che ha
organizzato la manifestazione per il cessate il fuoco, con le parole di
fuoco della Turchia, con Von der Leyen che ha finalmente detto "basta
morti", con i mediatori che "l'accordo è vicino", con il comunicato
(falso) della Cina, con la reazione dell'Iran all'aggressione
israeliana, con Meloni indignata per l'attacco all'Unifil e a una chiesa
cristiana... e innumerevoli altre volte. Ancora adesso, quando Macron
ha detto che a settembre (!) riconoscerà la Palestina, in tanti hanno
commentato scrivendo "speriamo".
Queste speranze per imminenti soluzioni "dall'alto" sono un moto
spontaneo dell'animo umano. La speranza non è razionale, è un riflesso
come quello della gamba che si alza quando il medico colpisce il
ginocchio col martelletto. Per molti, queste speranze sono funzionali a
sopportare il dolore, per altri a continuare ad attivarsi, per
moltissimi a giustificare l'ignavia: "vedi, non possono andare avanti
ancora per molto, ormai sono agli sgoccioli, non c'è bisogno che mi
inimichi i potenti".
Tutte queste speranze però si sono sempre risolte nel nulla. Il
genocidio è più feroce che mai, le sofferenze inflitte ai palestinesi
sono sempre più sadiche ed efferate, l'impunità e l'arroganza di Israele
è sempre più clamorosa, le sue mire sempre più sfrontate. Basta fermarsi
un attimo a guardare la realtà per capire che le probabilità che il
gesto di Macron (sempre che non se lo rimangi) porti alla fine del
genocidio è addirittura più bassa di quella che Meloni faccia una
qualsiasi cosa che dispiaccia agli Stati Uniti.
È ormai il momento di riconoscere che queste speranze sono pie
illusioni. Ai governanti e ai potenti, tutti quanti, la continuazione
del genocidio conviene, semplicemente perché i potenti hanno sempre da
guadagnare quando i subalterni vengono bastonati e tutto da perdere
quando i subalterni resistono al loro potere.
Il genocidio non finirà per graziosa concessione dall'alto, o perché la
coscienza di chi decide della vita di milioni di persone a un certo
punto si risveglierà. In un sistema capitalistico, il requisito primo
per diventare governante o potente è quello di non avercela proprio, la
coscienza. E se per caso questa si dovesse inopinatamente manifestare in
qualcuno di essi, state pur certi che gli altri lo faranno fuori in un
attimo.
Il genocidio finirà solo in due modi: nel primo, un gruppo di potenti
schiaccia militarmente il gruppo attualmente dominante. Questa
prospettiva non è solo lontanissima, ma significherebbe solo passare da
un genocidio ad un altro, proprio come la vittoria alleata nella seconda
guerra mondiale ha fatto finire la strage degli ebrei sostituendola con
quella dei palestinesi e di tante altre persone senza potere.
Nel secondo, quelli che sono senza potere capiscono realizzano che sono
solo carne da cannone per i vari potenti, e si organizzano facendo
crollare con la forza dei numeri le basi del potere degli attuali
dominatori.
Basta con l'attesa del Godot dell'establishment occidentale che a un
tratto prende coscienza e rende giustizia ai palestinesi: questa cosa
non succederà nè oggi, nè domani, nè mai. Sperare in Macron o chi per
lui dimostra solo che nonostante quasi due anni di genocidio in diretta,
non abbiamo ancora la forza o il coraggio di accettare l'evidenza della
natura irrimediabilmente predatoria, dominatrice e feroce del potere
costituito in una società fondata sul profitto.
Solo un contropotere organizzato dal basso può riuscire a far crollare
la vera base del potere degli attuali potenti, che è la massiva, servile
e supina acquiescenza di chi lavora, crea e produce tutto ciò che tiene
in vita la società.
Per raggiungere questo obiettivo serve naturalmente speranza, ma una
speranza che si nutre di una manifestazione ben riuscita, di un
collettivo che cresce in numeri e consapevolezza, di un'iniziativa di
denuncia o di sabotaggio.
La speranza siamo noi che ci opponiamo al potere costituito e ai suoi
complici servi e ignavi, siamo noi che costruiamo legami e nuovi modi di
vivere, di relazionarci e di produrre.
Abbandoniamo quindi le false speranze e abbracciamo la consapevolezza
che la scelta che abbiamo davanti è una sola, e sempre la stessa: la
scelta tra socialismo e barbarie.
https://alternativalibertaria.fdca.it/
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