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(it) Italy, Umanita Nova #23/25 - Tutto loro quello che luccica. Riviera romagnola: overtourism e gentrificazione (ca, de, en, pt, tr)[traduzione automatica]
Date
Sat, 4 Oct 2025 08:44:18 +0300
Pensiamo che potrebbe essere fuorviante cercare di capire cosa è
successo e cosa sta succedendo in questa terra, la riviera romagnola,
riguardo all'industria turistica senza introdurre qualche strumento di
analisi in più oltre a quelli di gentrificazione e overtourism; ci
riferiamo a cementificazione e involuzione dei rapporti di lavoro, fra
loro strettamente connessi. ---- L'industria dell'accoglienza turistica,
variamente articolata e parcellizzata nella sua offerta di servizi di
ogni genere, ha da sempre prodotto una grande quantità di denaro in
nero, estraneo ai controlli del fisco, che fino a non molti anni fa
defluiva nelle banche compiacenti di piccole repubbliche vicine e non di
rado finanziava speculazione edilizia, il che significa cementificazione
del territorio. Il cosiddetto investimento nel "mattone" ha nel tempo
preso a generare rendimenti sempre superiori rispetto a quelli che si
potevano realizzare investendo nelle imprese di accoglienza turistiche e
loro indotto, un rendimento che si rivaluta fortemente nel tempo.
Ciò ha condotto ad un progressivo disinvestimento nelle attività
turistiche che sono spesso rimaste ad un livello qualitativo fermo agli
anni '90, se non a quelli precedenti.
Il disinvestimento ha riguardato, e molto, anche il trattamento
salariale della manodopera e la cura dei rapporti di lavoro.
Il modello paternalistico, tipico della realtà produttiva dell'Emilia
Romagna dal secondo dopoguerra, aveva caratterizzato i rapporti fra
imprese turistiche e lavoratori stagionali, garantendo stipendi appena
dignitosi e piccoli aumenti annuali che permettevano la sopravvivenza di
tanti e tante nei mesi invernali in cambio di pace sindacale e sociale.
Diritti ridotti all'osso, niente giorno libero, retribuzione spesso
regolarizzata per metà dell'orario e qualche volta affatto
regolarizzata, "ma se hai bisogno ti puoi prendere un permesso, non
troppo spesso però, e se non dai problemi a fine stagione ti aspetta un
premio fuori busta, ovviamente in nero. Ma qui sei in famiglia, c'è il
cocomero a ferragosto, la pizzata a settembre".
Questo modello, già molto criticabile, ha retto per decenni. Non
produceva alcuno sviluppo o crescita professionale, i salari - malgrado
il fuori busta - non erano comunque adeguati alla crescita
dell'inflazione; ad eccezione di una esigua élite di professionisti
impiegati nelle strutture alberghiere e ristoranti di alto livello,
collocava perlopiù studenti che dovevano pagarsi gli studi e casalinghe
che per tre o quattro mesi rinunciavano a vivere, sacrificandosi per
integrare il bilancio familiare. Le conseguenze e i sacrifici non
riguardavano solo i lavoratori stagionali, ma anche le loro famiglie;
chi non era arruolato nelle varie articolazioni della industria
turistica, in particolare i bambini, veniva parcheggiato per la stagione
turistica da nonni e parenti in campagna, in attesa dell'autunno e del
ritorno ad una vita affettiva normale.
Ma assodato che investire in edilizia e appartamenti era più
conveniente, dagli anni 90 sempre più risorse vi sono state destinate
dagli imprenditori, sottraendole a ristrutturazioni e ammodernamento
delle strutture. Abbandonata ogni velleità di offrire un buon standard
qualitativo, il sistema produttivo turistico è passato allo
smantellamento dei salari e di quei miseri diritti dei lavoratori
stagionali, fino ad allora garantiti da un patto sociale mai scritto e
quindi facilmente disconoscibile.
Al generale decadimento della gran parte delle strutture turistiche si è
accompagnato il decadimento dei rapporti di lavoro con gli stagionali,
progressivamente rimpiazzati da lavoratori e lavoratrici dell'est Europa
e migranti in genere, disposti a lavorare per salari risibili ed
estremamente ricattabili.
La frittata era ed è così servita: offerta turistica di servizi e
strutture dequalificata, ristrutturazioni ridotte a rattoppamenti al
minimo necessario e fiorire della speculazione edilizia.
Lo status dell'imprenditore di successo prevede almeno un appartamento
per ogni figlio, che non ci abiterà mai perché si è trasferito negli USA
o in Gran Bretagna a studiare o lavorare, ma intanto si ritrova un
appartamento intestato come residente, così si evita di pagare tasse per
la seconda o terza casa. Se serve, si possono arruolare anche nonni e
suoceri, così il numero eventuale di appartamenti può aumentare. Questo
delirio edilizio produce anche altri effetti, oltre alla predazione del
territorio. I progetti di ristrutturazione edilizia non turistica, ad
esempio, spesso ottengono anche aumenti di cubatura, e là dove vivevano
due famiglie ne andranno poi ad abitare sei o più, con quel che ne
consegue in termini di congestione del traffico e mancanza di parcheggi
in particolare in città come Rimini, città di fondazione romana e non
pensata certo per le automobili, dove ogni metro della zona mare è stato
occupato per costruire.
Le amministrazioni pubbliche che si sono succedute si sono ben guardate
dal mettere in discussione questa involuzione speculativa, facendosi
carico di tentativi di ammodernamento di infrastrutture laddove il
privato rinnegava questa funzione (da queste parti si dice mettere la
cravatta al maiale).
Questi tentativi sono però pagati dalla collettività, e occorre
sottolineare che non poca parte degli imprenditori del turismo
dichiarano redditi al di sotto della soglia di povertà, contribuendo
quindi ben poco al bene comune. Questi investimenti delle
amministrazioni locali vanno poi a sottrarre risorse alla edilizia
popolare e ai servizi di welfare, in una città dove trovare un tetto per
chi ha poche risorse è impossibile.
Esistono certamente anche imprese che investono nelle loro strutture e
applicano i contratti di lavoro, ma il loro numero non costituisce certo
una rilevanza tale da determinare sistema.
La tendenza dominante continua a ridursi ad un generale decadimento
fatto di improvvisate imprese di predazione turistica e una sempre
maggiore quota di di appartamenti destinati ad affitti brevi, mentre
altri rimangono vuoti, destinati ad investimento dormiente, con
l'effetto di gonfiare il mercato immobiliare giunto ormai a quotazioni
tali al metro quadro da essere inaccessibile ai più.
Per quel che riguarda i lavoratori, l'antico patto che aveva
caratterizzato i rapporti con gli imprenditori turistici è ora
definitivamente stracciato da questi ultimi, spesso avventurieri
provenienti da ogni dove che del suddetto nemmeno hanno mai sentito
parlare. Coloro che non sottostanno alle condizioni di sfruttamento
possono accomodarsi all'uscita, altri prenderanno il loro posto, e non
troveranno neanche un sottoscala in locazione perché ogni metro quadro è
affittato a canoni stellari.
Niente di nuovo? Niente di nuovo.
Una volta di più, è tutto loro quello che luccica.
Circolo Culturale Libertario di Rimini
https://umanitanova.org/intorno-a-turismo-overtourism-e-gentrificazione-sulla-riviera-romagnola/
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