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(it) Italy, FdCA, IL CANTIERE #37 - Meno orario più salario - Cristiano Valente (ca, de, en, pt, tr) [traduzione automatica]
Date
Fri, 3 Oct 2025 08:46:28 +0300
Quando si rinuncia, anche temporaneamente, alla madre di tutte le
battaglie politico-sindacali, quella salariale e quella per la riduzione
giornaliera dell'orario di lavoro, prospettando ed incentivando
scorciatoie politiche parlamentari, o peggio ancora praticando
collateralità con le compagini governative, la sconfitta è assicurata.
---- In queste note di inizio autunno ci riferiamo alle due maggiori
centrali sindacali, la CGIL e la CISL, le quali, ancora una volta,
confermando una distanza siderale dal concetto di autonomia politica
dalle diverse compagini governative e dal “gioco” parlamentare, seppur
formalmente rivendicato nelle dichiarazioni più o meno formali dei loro
gruppi dirigenti, non potranno che determinare una ulteriore e ancor più
rovinosa sconfitta del movimento dei lavoratori.
Per quanto riguarda il nuovo corso dela CISL, abbiamo più volte
evidenziato la sua ormai collateralità alle forze governative,
plasticamente ricompensata dall'ingresso dell'ex segretario generale
Luigi Sbarra, come sottosegretario della Presidenza del Consiglio ed
ulteriormente rafforzata dal combinato disposto della recente
approvazione della legge di iniziativa popolare proposta della CISL,
“Partecipazione al Lavoro”, sulla partecipazione di rappresentanze dei
lavoratori nei Consigli di Amministrazione, in armonia con l'articolo 46
della Costituzione, denominata non casualmente dal governo “Disposizioni
per la partecipazione dei lavoratori alla gestione, al capitale e agli
utili delle imprese”e l'ultimo congresso dello scorso luglio, dove la
nuova segretaria, Daniela Fumarola, in presenza della stessa leader del
governo Giorgia Meloni, ha evidenziato la“nuova”strategia della sua
organizzazione, esplicitata già nel congresso della CISL Lombardia con
queste testuali parole: “Ci fa piacere che la Premier Meloni e il
presidente di Confindustria Orsini, abbiano aperto a questa prospettiva.
Noi siamo pronti. Non serve il muro contro muro. Ci vuole coraggio unito
a partecipazione.....Questa deve essere la stagione del dialogo, del
confronto e della partecipazione, un cammino giunto al traguardo con
l'approvazione e l'entrata in vigore della nostra legge sulla
partecipazione che deve diventare ora un'opportunità di crescita
economica e culturale in ogni singola azienda, in ogni singolo
territorio, attraverso un modello di relazioni sindacali nuovo,
inclusivo,che rafforzi la concertazione, la corresponsabilità, il
dialogo”(1)
Non crediamo necessario aggiungere oltre per evidenziare la convinta
adesione da parte del gruppo dirigente della CISL ad una totale
strategia da “sindacato giallo”, nell'accezione classica di questo
termine, che si riferisce a sindacati di comodo, creati e sostenuti dai
datori di lavoro e che, pur presentandosi come rappresentanti dei
lavoratori, in realtà agiscono in accordo con gli interessi del datore
di lavoro, spesso a scapito dei diritti dei lavoratori stessi.
Altra riflessione per quanto riguarda la CGIL.
E' questo un sindacato che ancora si presenta, ma soprattutto si
concepisce come forza progressista e di sinistra per la sua ultra
centennale storia e in cui la necessità del conflitto con il padronato
ancora si manifesta in parte come prassi necessaria nell'agone sociale,
anche se sempre di più le nebbie della prassi concertativa, definita ed
approvata dal suo gruppo dirigente fin dal secolo scorso, continua a
rendere inefficace l'incessante battaglia per l'affrancamento delle
masse lavoratrici e dei suoi naturali alleati quali masse giovanili e
donne. Basta ricordare, seppur sommariamente, alla totale capitolazione
del gruppo dirigente e del suo segretario generale Bruno Trentin sulla
Scala Mobile nel 1992 con il governo del socialista Amato e il
successivo accordo interconfederale del 1993 con il governo dell'ex
governatore della Banca d'Italia Carlo Azeglio Ciampi sulla politica
della concertazione. La sua ultima Assemblea Generale Nazionale, quindi
il suo massimo organismo dirigente, svoltasi a luglio scorso, nel non
aver minimamente indicato criticamente questo nuovo indirizzo della
CISL, ma anzi indicando come positivo l'ennesimo ed infruttuoso incontro
interconfederale, quindi CGIL, CISL e UIL con Confindustria, ancora
una volta ha rimandato una necessaria lettura autocritica rispetto alla
sconfitta referendaria, definendo una presunta strategia sindacale per
la prossima stagione che prevede la presenza alla Marcia Perugia-Assisi
per la Pace e la Fraternità del prossimo 12 ottobre e la consueta ed
oramai trita e ritrita manifestazione autunnale contro la prossima
finanziaria, senza minimamente stabilire un programma concreto di lotta
salariale, normativa e senza definire una battaglia generalizzata sulla
riduzione dell'orario giornaliero. Senza indicare alcun obiettivo
chiaramente acquisitivo rispetto alle peggiorate condizioni sociali
delle masse lavoratrici ed alle nuove generazioni. L'indicazione è una
generica lista della spesa indicante come obiettivi primari (e che altro
dovrebbe fare un sindacato? NdR) quali: “redditi (salari, rinnovi dei
Ccnl, pensioni); giustizia fiscale; stato sociale e diritti delle
persone (istruzione, sanità, non autosufficienza, casa, previdenza,
politiche demografiche); politiche industriali, infrastrutture, PNRR,
investimenti, appalti, salute e sicurezza, contrasto alla precarietà;
Mezzogiorno.”(2) senza prospettare una battaglia ed un obiettivo chiaro
e unificante per tutti i lavoratori e lavoratrici, unica strada utile e
necessaria per una ripresa ed un recupero della rappresentanza
sindacale nei posti di lavoro al fine di modificare gli attuali
rapporti di forza. Ma, a nostro avviso, l'errore maggiore, tipico del
riformismo così come del massimalismo politico sta nel convincimento dei
gruppi dirigenti che per l'avanzamento delle condizioni sociali delle
masse lavoratrici occorra in definitiva una rappresentanza politica
parlamentare che inevitabilmente riduce e spegne lo scontro sociale,
proiettando la forza della classe lavoratrice sul terreno parlamentare o
istituzionale, invece che su quello di classe, così come è stato il caso
dei referendum. Il gruppo dirigente non pare comprendere, in una sorta
di amnesia che inevitabilmente diventa complice delle diverse compagini
governative e padronali, che le maggiori vittorie da parte del movimento
operaio organizzato si sono avute quando la maggiore forza progressista
e di sinistra, il Partito Comunista Italiano,il più grande partito
comunista dell'occidente era fuori dalle stanze governative.
A partire dallo Statuto dei Lavoratori degli anni '70 del secolo scorso,
per arrivare al punto unico della Scala Mobile, raggiunto nel 1975 con a
capo della Confindustria l'avvocato Agnelli, così come la legge
Basaglia, la legge 180 del 1978, la prima e unica legge quadro che
impose la chiusura dei manicomi e regolamentò il trattamento sanitario
obbligatorio, istituendo i servizi di igiene mentale, passando alla
legge 392 del luglio 78 sull'equo canone che mirava a garantire un
affitto equo proporzionato al reddito degli inquilini, fino alla legge
883 del dicembre 1978 sul Sistema Sanitario Nazionale, che superò il
sistema delle diverse casse mutue ed enti mutualistici che, oltre alla
diversità di prestazioni dei diversi settori produttivi e lavorativi,
lasciavano scoperti ampi strati della popolazione dalla copertura
sanitaria. Senza prendere in considerazione i lontanissimi cosi detti
governi di unità nazionale del 1976 e 1979 del governo Andreotti, che
pur non vedendo la presenza di ministri dell'allora PCI, che
devierebbe dal senso di queste note, il PDS, erede dell'ex PCI, entra
nel governo a pieno titolo con propri uomini e ministri, proprio nel
1993, nel governo dell'ex governatore Ciampi sopra ricordato ed è
quindi responsabile in toto di quella stagione e delle successive
sconfitte operaie che tutt'oggi alimentano il senso di sfiducia e di
allontanamento delle masse lavoratrici e delle nuove generazioni dalla
militanza sindacale e quindi politica. Questa torsione analitica, da
parte del gruppo dirigente CGIL e anche di molti quadri intermedi è
fortemente deleteria per le sorti delle masse lavoratrici sfruttate.
Questo voler surrogare la necessità del “partito” abdicando di fatto al
senso vero e reale della battaglia di classe e sindacale, auspicato
anche dai livelli dirigenziali regionali, come nel caso di chiaro
indirizzo di voto da parte della segreteria regionale toscana a favore
del candidato del centro sinistra Giani per le prossime elezioni
regionali, viene ripreso nella sostanza anche dal documento finale
dell'Assemblea Generale Nazionale, là dove si prospetta addirittura una
sospensione delle assemblee per il prossimo congresso nazionale in
occasione delle possibili elezioni politiche nazionali, adducendo come
motivazione che “in occasione delle quali (le elezioni) la nostra
organizzazione dovrà dare il suo contributo autonomo per coinvolgere e
spingere le lavoratrici, i lavoratori, le pensionate, i pensionati, le
giovani e i giovani alla più ampia partecipazione democratica”. Quindi
oltre a non svolgere alcuna riflessione autocritica rispetto alla
strategia referendaria e alla ulteriore cocente sconfitta subita si
continua a non riflettere a sufficienza del come e del perché la
maggioranza degli astenuti negli scorsi referendum siano stati proprio i
lavoratori e le lavoratrici della fascia dai 40 ai 60 anni, cioè i
lavoratori maggiormente “stabili e garantiti” e che nelle ultime
elezioni politiche, dal 30 al 40% degli iscritti CGIL, han dato la
propria preferenza alle liste governative con particolare predilezione a
Fratelli d'Italia di Giorgio Meloni. Pur non essendo noi particolarmente
affezionati a logiche parlamentari e rivendicando il nostro
astensionismo politico è evidente anche ad un fanciullo che una
eventuale adesione politica a formazioni di sinistra o così dette
progressiste è seguente e condizionata alle condizioni reali che la
classe e la nuova forza lavoro vive. Se nei posti di lavoro, da circa
due generazioni, lo sfruttamento è in aumento e le condizioni
salariali ed orarie, così quelle normative sono tragicamente negative,
tali da far vivere costantemente una condizioni di ricatto e precarietà,
la solidarietà non potrà essere l'aspetto dominante della società, così
come la partecipazione al dibattito pubblico politico e culturale, ma
ciò prevarrà, sarà un senso di sfiducia e di distacco, alimentando da
una parte l'astensionismo o premiando di volta in volta “l'unto del
signore” di turno, che sia l'immobiliarista mafioso, faccendiere e
puttaniere Berlusconi, il comico milionario Beppe Grillo, l'avvocato del
popolo Conte, il tecnocrate Draghi, fino alla post fascista Giorgia
Meloni, nella speranza di salvaguardare gli interessi strettamente
corporativi della categoria di appartenenza, tipica opzione delle mezze
classi, dai liberi professionisti, ai bottegai, fino ai padroncini, in
una logica del “si salvi chi può” che è la filosofia e la massima di
tute le destre e di tutti i conservatori, autodefinitesi, chi più o chi
meno, sovranisti o nazionalisti, intesi tutti a rendere ottimale e
fluido e perpetuo lo sviluppo capitalistico. La schizofrenia, nella sua
accezione lessicale di scissione o frammentazione della mente diventa
oltremodo evidente quando i nostri progressisti si esaltano di fronte
alla vittoria nelle primarie per il sindaco di New York City del
candidato democratico, il “socialista” e musulmano 33enne Zohran
Mamdani.Vittoria schiacciante, di oltre 12 punti percentuali, (56% dei
votanti contro i 44% dell’ex governatore Andrew Cuomo) che ha suscitato
vivo interesse ed appoggio da parte di molti economisti mondiali dello
spessore di James K. Galbraith, Professore di Economia, Università del
Texas ad Austin o di Yanis Varoufakis, ex ministro delle finanze della
Grecia nel primo governo Tsipras.(3)
La piattaforma con cui Mamdani ha prevalso è la classica piattaforma
rivendicativa, potremmo dire, riformista, che al di là della possibilità
concreta di realizzazione in una singola metropoli americana, punta
sulle necessità primarie delle masse lavoratrici, quali il diritto alla
casa, con la previsione di congelamento degli affitti, per oltre 2
milioni di inquilini e l'impegno a lungo termine per la costruzione di
almeno 200.000 unità abitative pubbliche aggiuntive, con canone
stabilizzato. Ampliamento e gratuità di buona parte delle linee di
autobus di New York City, aumentando il numero di utenti degli autobus
di oltre il 30%, fornendo un robusto sollievo economico ai newyorkesi a
basso reddito e riducendo significativamente la violenza contro gli
autisti. Assistenza gratuita e universale all'infanzia in quanto i
prezzi esorbitanti dell'assistenza all'infanzia escludono i genitori,
soprattutto le donne, dal mondo del lavoro, soffocando la produttività e
spingendo le famiglie ad abbandonare la città e creando in questo modo
posti di lavoro aggiuntivi di qualità nell'economia dell'assistenza, che
genererebbe un effetto moltiplicatore a beneficio dell'intera città.
Infine per contrastare l'impennata dei prezzi alimentari, che il nuovo
corso della “politica trumpiana” sta alimentando e determinando, Mamdani
propone supermercati comunali; un "opzione pubblica" che possa sfruttare
le economie di scala per fornire cibo sano a prezzi accessibili. Questi
supermercati comunali venderebbero prodotti di prima necessità a prezzi
all'ingrosso, sfruttando il potere d'acquisto pubblico e le economie di
scala, eliminerebbero i deserti alimentari e offrirebbe ai newyorkesi un
sollievo immediato dalle speculazioni sui prezzi.
Come si vede niente di particolarmente rivoluzionario ne tanto meno
anticapitalistico, ma ciò che appare evidente è che per raccogliere la
fiducia delle masse proletarie, le politiche e gli obiettivi devono
essere diretti, chiari, precisi e funzionali. Migliori condizioni
materiali immediate.
Solo così si potrà recuperare partecipazione e militanza. Al di là di
chi ciancia, con particolare riferimento ai settori così detti
progressisti e sindacali, della “complessità” del mondo contemporaneo o
di settori anche della presunta sinistra radicale e così detta
antagonista sul “nuovo paradigma” dello scontro sociale e sulle novità
dello scontro sociale in atto, ancora un volta sono le solite e notorie
condizioni materiali e soprattutto gli obiettivi e le proposte indicate
di miglioramento reale della condizione sociale delle masse sfruttate,
in sostanza i rapporti di forza fra le classi fondamentali, borghesia e
proletariato, a determinare o meno partecipazione ed a produrre
consenso politico. Occorre costruire una vasta e radicale conflittualità
generale e unitaria indicando precisamente gli obiettivi da perseguire e
da rivendicare.
Impostare una battaglia di lunga lena su obiettivi comprensi
bili, come una nuova Scala Mobile dei salari e una battaglia tenace
sulla riduzione giornaliera degli orari di lavoro.
la storica battaglia per la riduzione giornaliera dell'orario di lavoro
deve essere ripresa e rilanciata a livello internazionale
Dopo l'apertura del governo sud coreano alle 64 ore settimanali (4) la
battaglia sull'orario di lavoro si fa ancora più aspra e necessaria a
livello mondiale per le organizzazioni di resistenza dei lavoratori,
dovuta anche dal nuovo fronte padronale statunitense, che proprio nei
settori più sviluppati tecnologicamente, cercano di riportare indietro
la lancetta dell'orologio ai primi del secolo scorso, richiedendo un
impegno giornaliero di ben 12 ore per un complessivo di 72 ore
settimanali. Il riferimento è il modello 996 cinese (5) che si sta
sempre più affermando come condizione normale delle condizioni
lavorative richieste alle nuove forze di lavoro.
In Cina dopo anni di proteste crescenti da parte dei lavoratori, il
governo cinese ha formalmente iniziato a reprimere questa pratica,
sebbene tutt'oggi sia largamente diffusa e prassi comune anche nei
settori ad alto contenuto tecnologico. Adrian Kinnersley, un
imprenditore statunitense che gestisce diverse società, soprattutto nel
campo della intelligenza artificiale è rimasto sorpreso dal numero di
“startup” che stanno puntando tutto sul 996. Le aziende statunitensi per
competere con i rivali e con la Cina stanno applicando questa pratica.
"Sta diventando sempre più comune – afferma –. Abbiamo diversi clienti
per i quali la disponibilità al 996 è un prerequisito per la selezione
dei candidati prima ancora del colloquio". (6) Rilla, una startup AI che
aiuta i liberi professionisti a negoziare tariffe più alte, afferma che
quasi tutti i suoi 80 dipendenti aderiscono all'orario 996. "C'è una
sottocultura molto forte e in crescita di persone, soprattutto della mia
generazione, la Generazione Z, (l'attuale forza lavoro nata fra i
primi anni 90 del secolo scorso e i primi anni del XXI secolo) che è
cresciuta ascoltando le storie di Steve Jobs e Bill Gates,
imprenditori che hanno dedicato la loro vita a costruire aziende
rivoluzionarie – spiega Will Gao, responsabile della crescita
dell'azienda–. Kobe Bryant (noto cestista americano orto nel 2020) ha
dedicato ogni minuto che aveva al basket e non credo che molte persone
sostengano che non avrebbe dovuto lavorare così tanto". (7) Rilla nei
suoi annunci di lavoro,
scrive chiaro e tondo che i dipendenti sono tenuti a lavorare più di 70
ore alla settimana, consigliando a chi non fosse "entusiasta"
dell'orario di non candidarsi nemmeno. Colazione, pranzo e cena sono
offerti in ufficio tutti i giorni, sabato incluso. Ci sono poi gli
imprenditori che propongono il 996 come un'opzione per i dipendenti più
devoti, creando una struttura a due livelli in cui solo alcuni sono
tenuti a lavorare ore extra. “La California è l'epicentro dell'AI, da
cui proviene gran parte della cultura del 996, nonostante abbia la legge
sul lavoro più favorevole ai dipendenti di tutti gli Stati Uniti”
afferma Kinnersley (8) E' questa la realtà dello scontro di classe nelle
metropoli dell'imperialismo statunitense ed in settori non marginali
della struttura economica e finanziaria capitalistica. Occorre quindi
sgombrare il terreno da falsi miti e da politiche scioviniste, che hanno
il risultato di legare le sorti delle classi lavoratrici alle esigenze
padronali nazionali. La richiesta sovente presente nelle piattaforme
sindacali della necessaria maggiore competitività e della maggiore
produttività non ha altro sbocco che nelle peggiori condizioni
lavorative dei lavoratori e lavoratrici, come bene si evince dalle
richieste del padronato americano, giustificate dalla competizione e
sconfitta delle altre economie imperialiste concorrenti, quella cinese
in “primis”. Ecco come in una recente intervista rilasciata a IL FOGLIO
del 28 luglio scorso il capo di Confindustria, Orsini, affronta, dal
suo punto di vista, la necessaria strategia di competitività dei nostri
prodotti nel mercato mondiale: “Bisogna fare uno scatto e fare
concorrenza con i fatti agli Stati Uniti... dirottare i soldi non spesi
sul Pnrr per gli investimenti. Una seconda priorità è creare le
condizioni per dare incentivi alle imprese piccole poco produttive per
portare avanti aggregazioni.... un'accelerazione immediata negli accordi
di libero scambio con Mercosur, Asean, Australia, Corea del Sud,
Taiwan”.Ma ancora più evidente e chiara è la strategia padronale che il
Governatore della Banca d'Italia, Fabio Panetta indica nelle sue
Considerazioni Finali della relazione annuale per il 2024, presentate il
30 maggio 2025.
A fronte di una richiesta di aumento salariale, che giunge persino da
alcuni settori padronali, il Governatore è lapidario: “Il problema
centrale rimane la produttività. Gli incrementi finora conseguiti sono
incoraggianti, ma non bastano a sostenere lo sviluppo del paese. Il
basso livello dei salari riflette questa debolez
za: dall’inizio del secolo, in linea con la stagnazione della
produttività, le retribuzioni reali sono cresciute molto meno che negli
altri principali paesi europei”.
Il maggior dinamismo dell’economia americana è identificato con la
capacità di quel “tessuto imprenditoriale di rinnovarsi continuamente
grazie a nuove imprese capaci di affermarsi nei mercati più dinamici” Il
riferimento seppur non esplicito è proprio quella pratica del 996, cioè
della sempre e necessaria maggiore produttività per competere ed
affermarsi su nuovi mercati, che significa per le condizioni lavorative
ritorno alle condizioni proto capitalistiche: 72 ore di lavoro
settimanali. Non esiste all'interno del sistema economico capitalistico
altra via.
Una condizione terza non è data. O attraverso maggiore produttività e
maggiore competitività si riesce ad essere vincenti sul mercato
mondiale, a scapito di altri lavoratori e lavoratrici di altre economie
e nazioni, ma ciò significa peggioramento continuo delle condizione
lavorative e maggiore sfruttamento della forza lavoro, o si imbocca la
strada di una battaglia per migliori condizioni lavorative al fine
dell'affrancamento della masse lavoratrici tutte. Per chi, seppure
confusamente, volesse rimanere fedele a questa prospettiva storica,
necessita una profonda e chiara autocritica delle strategie politico
sindacale fino ad oggi proposte, altrimenti, poco importa se consapevoli
o meno, si è responsabili ed inevitabilmente complici.
Note:
cisl.it/notizie/primo-piano-Per altre riflessioni ed analisi sulla Cisl
vedi il CANTIERE n° 18 giugno 2023, n°25 aprile 2024, n°35 maggio 2025
Documento conclusivo Assemblea Generale Nazionale CGIL del 24 luglio 2025
https://progressive.international/wire/2025-06-19-economists-unite-in-support-of-zohran-mamdanis-plan-for-new-york-city/en
il CANTIERE n°35 maggio 2025. “Se otto ore vi sembran poche”
il CANTIERE n° 25 aprile 2024. “Per un Primo Maggio di lotta e di
resistenza”
https://www.wired.it/article/orario-lavoro-996-startup-silicon-valley-72-ore-settimanali/
Idem
Idem
https://alternativalibertaria.fdca.it/
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