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(it) Italy, Umanita Nova #24/25 - Difendere gli spazi occupati. Livorno: Teatrofficina Refugio sotto attacco (ca, de, en, pt, tr)[traduzione automatica]
Date
Fri, 19 Sep 2025 09:27:21 +0300
L'occupazione del Teatrofficina Refugio di Livorno inizia nel maggio
2006, in un contesto cittadino di fabbriche che chiudevano lasciando a
casa centinaia di operai, in cui disoccupazione e precarietà abitativa
crescevano, in cui un'immobile maggioranza DS, perso ogni contatto con
le esigenze dei cittadini e sempre più innamorata dell'ideologia
liberale, favoriva la svendita del patrimonio immobiliare del Comune. Un
gruppo di persone, in parte provenienti dal collettivo CSA Godzilla, tra
i principali snodi della sinistra extra-istituzionale al tempo, decise
quindi di occupare uno spazio abbandonato per attaccare l'immobilismo
dell'amministrazione locale, contrastare la speculazione immobiliare
crescente e creare un luogo di aggregazione per i giovani del quartiere
e della città.
Tempo prima, grazie a una serie di circostanze, erano stati individuati
gli spazi dell'ex Palestra Giorgio Moriani, al piano terra del Palazzo
del Refugio, situato al n°8 degli omonimi scali. L'ex orfanotrofio del
Refugio, successivamente convertito in scuola dei mestieri e, dal
secondo dopoguerra, in abitazioni per i secondini del vicino carcere dei
Domenicani, era passato nei primi anni Duemila nella sfera patrimoniale
del Comune che, nonostante fosse, com'è tuttora, abitato, intendeva
venderlo a privati per progetti di non meglio specificata
"riqualificazione" del quartiere.
L'occupazione dello spazio fu un atto di resistenza contro il rischio di
gentrificazione del quartiere storico della Venezia e contro la
terziarizzazione della città, che stava abbandonando il suo passato
operaio e industriale, creando un senso di spaesamento sociale e di
sfiducia politica che non si ricordavano in città, malgrado i tentativi
dell'amministrazione di camuffare, sotto il tappeto della
riqualificazione dei quartieri, lo sporco dell'amarezza per la fine di
un'epoca che dava identità e salario a molti.
E dunque l'occupazione. Per qualche anno qualcuno doveva aver usato
quella cantina degli Scali del Refugio come rimessaggio: le carcasse dei
veicoli e le fatture ne erano una chiara testimonianza; i cadaveri degli
animali, i laterizi e le macerie mostravano chiari segni dell'abbandono
di anni. Dopo un necessario lavoro di rimozione, pulizia e restauro,
l'autogestione del Refugio creò inizialmente una Palestra Popolare.
Successivamente, conservando la sua identità di spazio occupato,
antifascista e autogestito, il Teatrofficina Refugio è diventato lo
spazio culturale che è adesso. Uno spazio inciso nell'immaginario della
sinistra cittadina e non, rispettato e riconosciuto per non aver
snaturato le sue caratteristiche politiche, continuando a offrire a chi
lo attraversa una programmazione e una proposta culturale e politica di
qualità, senza mai interrompere la collaborazione e il dialogo con le
realtà politiche affini in città e al di fuori di essa.
L'analisi iniziale di chi all'epoca occupò lo spazio si è rivelata
esatta in più di un aspetto. Negli anni il quartiere della Venezia è
cambiato, sia per quanto riguarda l'offerta commerciale sia per il
mercato immobiliare. Ristoranti, bistrot, pizzerie e cocktail bar hanno
progressivamente riaperto i molti fondi vuoti e dato al quartiere una
non-identità fatta di navi da crociera, di una piazza di asfalto con dei
lavori da finire, due chiese, un centro per richiedenti asilo. Ai civici
delle strade, numerosi sono gli studi commerciali che si alternano a
case per lo più frazionate, dove gli affitti costano moltissimo e sempre
più Airbnb spuntano tra i citofoni. Gli altri negozi, pressoché assenti.
C'è la biblioteca più moderna della città ma non una cartoleria o
un'edicola, un solo alimentari, la prima farmacia è all'inizio del
quartiere accanto.
Silenzioso giorno e notte nei giorni feriali, se non per le navi e per
le voci delle guide turistiche, solo il fine settimana il quartiere si
anima, ma alle due al massimo di solito tutto tace: è la provincia. E
anche i ritmi della gentrificazione si adattano alla provincia. Più
lenta di quella delle grandi città turistiche, meno feroce nel costruire
dimensioni escludenti, ma si caratterizza sempre con un grande senso di
spaesamento e perdita di identità di chi quel quartiere l'ha sempre abitato.
Lo scadimento dell'uso dei social durante la pandemia ha aggravato e
dato una cassa di risonanza ulteriore a questo fenomeno. Il gruppo
Facebook del Comitato di Quartiere Vivi La Venezia, che non fa
iniziative, non ha una sede, esiste solo online, ha dato sempre maggior
spazio a chi aveva tutto l'interesse politico a demonizzare il centro
sociale Refugio e la sua attività, ad addossargli ogni responsabilità
del rumore e della fantomatica "malamovida" di un quartiere che si
riempie interamente il fine settimana e all'interno del quale il Refugio
rappresenta invece uno spazio sicuro, accogliente e gratuito, le cui
aperture spesso contribuiscono a limitare i comportamenti a rischio o
non consoni, se non altro perché il bagno è sempre accessibile e l'acqua
minerale viene distribuita gratuitamente.
A questa continua shitstorm telematica si sono aggiunti nel tempo, un
po' col favore di avere la destra neofascista al governo, un po'
fomentando alcuni inquilini reazionari del palazzo, tre esposti
riconducibili a Fratelli d'Italia, l'ultimo dei quali è stato
accompagnato da un attacco politico formale allo spazio e
all'amministrazione Comunale, accusata di tollerare da vent'anni questa
occupazione, che causerebbe tanto degrado e che promuoverebbe attività
illecite e pericolose.
Il collettivo attuale del Refugio ritiene che la modalità di questo
attacco tanto strumentale, portato avanti con toni surreali,
pretestuosi, a tratti trash (il palazzo è stato visitato due volte dalla
troupe di Fuori dal Coro) è quella tipica di chi non sa fare opposizione
a un sistema perché di quel sistema si nutre in ogni sua cellula e
quindi, creando del sensazionalismo, anche quando non c'è, spera di far
concentrare l'attenzione su qualcosa di collaterale, che poco ha in
comune con l'obiettivo che vuole raggiungere.
La scadenza elettorale regionale alle porte, probabilmente rende
necessario portare "ciccia" a casa, anche per chi non è candidato, hai
visto mai che prima o poi...
Obiettivi quindi di chi fa una politica di carriera, che sa solo usare
persone e opportunità per i propri scopi. Cose che non riguardano chi fa
politica dal basso.
Per contro, è vero invece che al livello nazionale tutto gli spazi
occupati sono sotto attacco. Per quello che fanno, ma spesso anche, per
quello che rappresentano nell'immaginario di moltissime persone. Per
motivi che non sono sempre nemmeno immediatamente politici, magari, ma
che riflettono quella dimensione umana, aggregativa e sociale, che solo
gli spazi nati dall'aggregazione dal basso sanno dare e che infatti,
anche in momenti difficili come il presente, col genocidio di Gaza in
corso, tornano a essere punti di riferimento riconosciuti e motori
necessari per organizzare assemblee cittadine, cortei, raccolte
alimentari, cene di beneficenza e molto altro.
E nel rivolgere un pensiero agli altri spazi occupati minacciati come e
più del Teatrofficina Refugio di Livorno, ci auguriamo che la
partecipazione alla manifestazione locale del 20 settembre e alle
iniziative di sostegno allo sciopero generale del 22 settembre vedano
riempirsi le piazze.
A.S.
https://umanitanova.org/difendere-gli-spazi-occupati-livorno-teatrofficina-refugio-sotto-attacco/
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