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(it) Italy, Sicilia Libertaria #459: Storia: LE «RELAZIONI PERICOLOSE» - TRA ANARCHICI TOSCANI E SICILIANI (ca, de, en, pt, tr)[traduzione automatica]
Date
Wed, 18 Jun 2025 09:00:51 +0300
Nella storia dell'anarchismo di lingua italiana rimangono in gran parte
da investigare le relazioni politiche, culturali, talvolta ideologiche,
intessute tra i vari anarchismi regionali. Anzi, della presenza
anarchica in molti luoghi d'Italia è ancora da tratteggiare la storia e
quella persistenza nei caratteri sociali, artistici e persino letterari
utili a ricostruire specifiche identità su cui sono stati poi fondati
rapporti su scala più ampia, finanche, con un termine abusato,
«transnazionale». E quanto finora è noto agli storici manca spesso di un
vero approfondimento sulle tendenze ideologiche, sulle posizioni
proprie, dei «partiti» affini o degli avversari, sulla consistenza delle
lotte e delle alleanze, e sulla loro stessa evoluzione. Tutte cose che,
al di là di una sterile elencazione cronachistica o, al contrario,
dell'esaltazione agiografica di eventi e personaggi, servirebbero
moltissimo al nostro movimento per orientarsi nell'oggi.
Tra anarchici siciliani e meridionali in genere (calabresi, napoletani,
pugliesi), ma anche romani, lombardi, romagnoli, ecc., sono esistite in
diversi periodi reti relazionali, di sostegno e aiuto reciproco, che non
si sono limitate allo scambio di lettere o alla raccolta di fondi ma
hanno visto la collaborazione e la presenza attiva in loco di militanti
più o meno noti. Un rapporto privilegiato ha sempre legato in tal senso
gli anarchici siciliani con quelli toscani: ne segnalo qui alcuni
elementi a mio avviso meritevoli di maggiore attenzione storiografica.
A cavallo tra il 1890 e il 1891 - epoca del congresso di Capolago - si
assiste in tutta Italia a una impetuosa ripresa del movimento anarchico
italiano. I gruppi della Toscana, che mancano di un organo di stampa
specifico, diffondono centinaia di copie dei principali giornali
anarchici siciliani («Il Proletario» e, dal luglio 1892, «L'Uguaglianza
Sociale» di Marsala), che riempiono di collaborazioni e di
corrispondenze da Arezzo, Cecina, Empoli, Firenze, Livorno, Lucca,
Orbetello, Pietrasanta, Piombino, Pisa. I giornali giungevano al porto
di Livorno che con quello di Marsala aveva un antico e proficuo scambio
commerciale. Da collettori fungevano gli anarchici del circolo Sempre
Avanti! di Livorno: il calzolaio Giuseppe Daveggia (1871-1942) e lo
studente Virgilio Milanese - si tratta probabilmente di Virgilio Mazzoni
(1869-1959) -; Giuseppe Barsanti (1860-1941), scultore di Pietrasanta; e
soprattutto Pietro Raveggi (1872-1951) del gruppo Studi Sociali di
Orbetello.
«Il Proletario» dava notizia della costituzione, il 29 e il 30 marzo
1891 - tra Pasqua e Pasquetta - di una Federazione anarchica livornese
composta dai circoli e nuclei: Libertà e Lavoro, Studii Sociali, La
Campana, Spartaco sezione B, Garibaldi, Nucleo anarchico Salviano, Primo
Maggio, I Ribelli, M. Bacunin sezione Ardenza, Studii Sociali sezione B
Roma, I Figli del mondo; a cui si aggiungeva sabato 3 aprile il gruppo
La Nuova Rivoluzione; che si dichiaravano tutti comunisti-anarchici,
versavano «chi settimanalmente, chi mensilmente, alla cassa federale
quello che le loro forze permettono», organizzavano gruppi di propaganda
nei vari quartieri della città e aderivano al «programma di Capolago».
Negli stessi giorni, a Orbetello, veniva costituita la Federazione
anarchica maremmana.
Daveggia, Mazzoni, Barsanti e Raveggi sono tra quei militanti cosiddetti
«minori» di cui si è principalmente nutrita la storia dell'anarchismo
italiano ma di cui la storiografia «mainstream» continua a ignorare
l'esistenza. La polizia li segnalerà come assidui collaboratori della
stampa anarchica siciliana anche negli anni seguenti. Essi rinverdivano
una tradizione - alla quale erano tutti legati per trascorsi familiari -
che aveva visto i porti della Toscana, Livorno più di tutti, quale primo
luogo di accesso e di asilo dei protagonisti delle rivoluzioni siciliane
prima dell'Unità (giacobini e carbonari, reduci del '48 e cospiratori
del '60) e, nel periodo in cui Firenze fu capitale, quale occasione
d'incontro, e amalgama, di mazziniani e protosocialisti isolani (Saverio
Friscia, Salvatore Battaglia, Antonino Riggio, Eliodoro Lombardi,
Pasquale Calvi, Filippo lo Presti, Giovanni Pantaleo, ecc.).
Dalla stessa tradizione risorgimentale provenivano due siciliani dai
destini incrociati, Pietro Gori e Paolo Schicchi, organizzatore il
primo, antiorganizzatore il secondo: Gori era accorso nella città natale
«a predicar l'attesa» il 26 aprile 1891, alla vigilia della mancata
insurrezione del 1° maggio; Schicchi, che gli avrebbe imputato quel
fallimentare tatticismo, l'avrà come avvocato difensore due anni dopo,
al processo di Viterbo. Nel frattempo, gran parte degli anarchici
toscani si erano distaccati dal «programma di Capolago» e assumevano
posizioni intransigenti (Raveggi collaborava persino alla «Croce di
Savoia», uno dei due giornali pubblicati da Schicchi a Ginevra). Il 12
luglio 1892 nasceva a Livorno il «Sempre Avanti!...», presto organo
della corrente anarchica «schicchiana». Sarà proprio nei dintorni della
città labronica che Paolo Schicchi, con addosso il passaporto di un
altro scultore anarchico toscano, Giuseppe Di Ciolo (1861-1933), avrebbe
trovato rifugio se fosse scampato all'arresto, il 3 ottobre 1892, alla
stazione di Pisa.
Il «Sempre Avanti!...» mantenne, a parti invertite, un rapporto costante
con i gruppi anarchici siciliani all'epoca dei Fasci dei Lavoratori. In
un solo mese, dal 4 novembre al 2 dicembre 1893, nella rubrica
«Movimento Siciliano» ospitò ben 32 corrispondenze provenienti da
Marsala (7), Catania (6), Palermo (5), Caltagirone (3); Trapani (2),
Canicattì (1), Grammichele (1), Messina (1), Scicli (1), Adernò (1),
Caltanissetta (1), Licata (1), Girgenti (1), Ustica (1), in cui si
dibattevano opinioni contrarie (la maggior parte) o favorevoli alla
partecipazione degli anarchici al movimento dei Fasci siciliani.
La linea del giornale, nel quale si sprecavano le critiche, anche
feroci, ai cosiddetti «fasciomani», venne contrastata da Pietro Raveggi
che, alla vigilia dello stato d'assedio del 1894, dalle pagine
dell'«Uguaglianza Sociale», invitò l'intero movimento nazionale, e gli
anarchici all'estero, a individuare nei Fasci «la scintilla della
rivoluzione». Anziché combatterli, occorreva entrarvi per contrastarvi
le tendenze riformiste, approfittare dell'entusiasmo e della qualità
morale degli aderenti per trasformarli «in un valido mezzo di resistenza
e di propaganda rivoluzionaria». Anzi, sosteneva Raveggi, «molti
compagni dovrebbero abbandonare certe riluttanze esagerate ed entrarvi
decisi a spiegare la necessità della proprietà collettiva e dell'azione
simultanea di una rivolta per impadronirsi di tutta quanta la ricchezza
sociale» (Tropie, La lotta economica in Sicilia, 17 dicembre 1893).
Avallava così anche la costituzione di Fasci dei lavoratori «solidali
con la Sicilia», in altre regioni d'Italia, non ultima la stessa
Toscana, dove difatti sorsero a Grosseto, Empoli, Pisa, nei dintorni di
Firenze e di Carrara. A Livorno, tuttavia, si preferirono mezzi più
spicci: una grande manifestazione insurrezionale accompagnerà l'inizio
dei moti di Carrara, il 13 gennaio 1894, per protestare contro lo stato
d'assedio in Sicilia, con scioperi, tafferugli e il lancio di una bomba.
La repressione non troncò il cordone ombelicale con la Sicilia. Dopo gli
anni del «domicilio coatto» di fine '800, che videro l'«Avvenire
Sociale» di Messina farsi portavoce dei numerosi anarchici, molti
toscani (tra i quali Barsanti, Raveggi, Mazzoni e Di Ciolo), relegati
nelle isole minori, il movimento anarchico siciliano si ripresentava
sulla scena nazionale con rinnovato vigore e una mobilità maggiore
rispetto al passato. Saranno sempre di più gli anarchici siciliani che
raggiungeranno il continente per dare man forte al movimento nazionale e
svolgervi anche funzioni di rilievo, inaugurando una tradizione, durata
fino ai nostri giorni (basti citare i nomi di Gianni Diecidue, Alfonso
Failla, Umberto Consiglio, Gino Cerrito e Franco Leggio), di cui non è
ancora ben riconosciuta la portata storica.
Questa seconda stagione di rapporti intensi tra anarchici siciliani e
anarchici toscani, in particolare di Pisa e Carrara, ha inizio nei primi
anni del Novecento con la collaborazione di Antonino Azzaretti - ex
direttore del «Proletario» di Marsala - al «Combattiamo!» di Carrara e
culmina nei ripetuti soggiorni e nei giri di propaganda effettuati dal
1906 al 1914 da Emanuele Valenti (1881-1937), Giuseppe Gugino
(1885-vivente nel 1939) e nuovamente Paolo Schicchi. Quest'ultimo,
liberato dal carcere il 27 maggio 1904 ma sottoposto a tre anni di
vigilanza speciale, giunge a Pisa nel 1909 con l'intenzione di laurearsi
in quella università. Tiene conferenze e comizi in Toscana e in Liguria
per protesta contro la fucilazione di Francisco Ferrer, affiancando a
tale attività la fondazione della Libreria Editrice Sociale e della
Cooperativa tipografica «Germinal», dove stampa opuscoli e cartoline di
propaganda, il «Satana», mensile dell'Associazione razionalista, e, dal
1° maggio 1910, «L'Avvenire anarchico», settimanale che animerà il
panorama dell'anarchismo toscano e nazionale, con un importante corredo
di notizie anche dalla Sicilia, fino all'avvento del fascismo.
Erano trascorsi meno di vent'anni da quel 1° maggio del 1891 che aveva
tanto entusiasmato e altrettanto deluso, infondendo senso di
appartenenza e affratellamento comune, al netto delle differenze di
temperamento, nei militanti anarchici dell'una e dell'altra regione.
Natale Musarra
https://www.sicilialibertaria.it/
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