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(it) Italy, Umanita Nova #14-25 - La trappola del referendum. L'astuta mossa della burocrazia sindacale (ca, de, en, pt, tr)[traduzione automatica]
Date
Mon, 16 Jun 2025 09:30:22 +0300
CGIL e UIL hanno raccolto le firme necessarie per cinque referendum, e
il governo ha fissato le date dell'8 e del 9 giugno per le votazioni.
---- Se vincerà il "sì" alcune norme vessatorie riguardo ai
licenziamenti e al lavoro precario verranno abolite, la responsabilità
sull'applicazione della normativa sulla sicurezza si estenderà
all'azienda committente, in caso di appalti, e i cittadini stranieri
potranno chiedere la cittadinanza italiana dopo 5 anni e non dopo 10.
---- Se vincerà il "sì". E questo è l'aspetto più pericoloso della
questione. ---- Karl Marx scrisse il capitolo sulla giornata lavorativa
de "Il Capitale" per dimostrare la necessità che la classe operaia si
organizzasse in partito politico e attraverso i suoi rappresentanti
desse battaglia in Parlamento per imporre leggi ad essa favorevoli.
Nonostante questa impostazione ideologica, nel sesto paragrafo di quel
capitolo è costretto ad affermare che "queste disposizioni minuziose,
che regolano con tanta uniformità militare, al suono della campana,
periodi, limiti, pause del lavoro, non erano affatto prodotti di
arzigogoli parlamentari: si erano sviluppate a poco a poco dalla
situazione, come leggi naturali del modo moderno di produzione. La loro
formulazione, il loro riconoscimento ufficiale, la loro proclamazione da
parte dello Stato, erano il risultato di lunghe lotte di classe".
Ora, non è possibile aggirare la questione: se il movimento operaio
avesse la forza di imporre questi diritti, costringendo le assemblee
rappresentative a ratificarli con delle leggi, non avrebbe bisogno del
referendum. Viceversa, se il movimento operaio non ha la forza di
imporre i propri diritti con la forza della lotta di classe, come è
possibile che questi diritti vengano riconosciuti in una consultazione
elettorale dove a votare, oltre a capitalisti e operai, ci sono bottegai
e preti, militari e speculatori?
Si dirà "ma se vincono i "no", potremo sfruttare l'organizzazione creata
attorno ai referendum per dare battaglia ai capitalisti". Certamente,
solo che in caso di vittoria del "no", il movimento operaio non si
troverebbe a combattere solo contro l'interesse dei capitalisti, ma,
come direbbe l'ineffabile presidente del consiglio, contro la "volontà
della nazione".
E se vinceranno i "sì" dovremo comunque lottare: i più anziani si
ricordano le lotte non sempre vittoriose (e non sempre appoggiate dalla
trinità sindacale) per il reintegro dei licenziati, nonostante gli
articoli 18 e le sentenze dei tribunali. Lo stesso discorso può essere
fatto per quanto riguarda le norme sul lavoro precario. Del resto, basta
pensare alle vicende del referendum sull'acqua pubblica, di pochi anni
fa, per rendersi conto dell'importanza che le istituzioni danno alla
volontà popolare, quando va contro gli interessi dei privilegiati. E il
referendum sul nucleare? Il referendum sul nucleare fu preceduto da mesi
di blocchi e occupazioni, con un movimento che diveniva sempre più di
massa. Il referendum fu un escamotage del governo di allora per non
arrendersi apertamente davanti alla piazza, ma in realtà fu solo una
resa del governo. Di fronte alla mobilitazione popolare minacciosa, il
governo cede o reprime; quella volta non poteva reprimere un movimento
tanto forte e cedette.
Il referendum sulla cittadinanza è in pratica un referendum sulla
lunghezza della corda che tiene la carota. Destra e sinistra condividono
l'idea paternalista che il "buon selvaggio" deve dimostrare di essere
degno di ricevere la cittadinanza italiana, solo che gli uni pensano che
siano necessari dieci anni, gli altri pensano che ne bastino cinque. La
soluzione a una gestione burocratica che rende illegale la residenza in
Italia fondandosi su dei cavilli sarebbe l'eliminazione pura e semplice
dei visti di soggiorno per tutte le persone in cammino, e
l'equiparazione di ogni essere umano al "cittadino", ma è una misura
troppo semplice e rivoluzionaria persino per i parlamentari sinistri.
Perché allora CGIL e UIL si sono impegnate in una battaglia tanto
incerta e dall'esito poco promettente? La ragione principale sta nel
fatto che anche i sindacati concertativi vedono nell'astensionismo il
principale nemico.
La platea dell'astensione è composta principalmente dalle classi
sfruttate e dai ceti popolari, e l'astensione è il primo partito in
questi stessi settori sociali. Questo è un problema per la sinistra e
per i sindacati di Stato, perché la disaffezione al voto toglie
legittimità alle istituzioni. Ricordiamoci che CGIL, CISL e UIL non
traggono legittimità, come i sindacati prefascisti, dalla libera
associazione delle leghe dei lavoratori, ma dal ruolo di liquidatori e
prosecutori dei sindacati fascisti, assegnato dal governo di allora. Dal
1943 ad oggi la burocrazia sindacale ha rafforzato i rapporti con
l'apparato statale, in campo previdenziale e fiscale; una perdita di
legittimità di questo apparato si ripercuoterebbe su quella burocrazia.
Quello che conta nel referendum non è la vittoria del "sì" o del "no",
ma riuscire a coinvolgere nel percorso elettorale le minoranze più
attive, in modo da fidelizzarle in vista delle prossime elezioni. In
questo senso, per i promotori del referendum, la partecipazione è un
elemento decisivo. Non tanto per il raggiungimento del quorum, quanto
per la formazione di una nuova leva di attivisti elettorali. Questa
mossa può dare alla burocrazia sindacale carte da giocare nel confronto
con le liste elettorali di riferimento.
La questione referendum non può essere analizzata senza tener conto del
ruolo della burocrazia sindacale, che ne è la vera protagonista e la
sola beneficiaria, in ogni caso, potendo gettare nella trattativa sulla
composizione del futuro campo largo il peso degli attivisti reclutati
per la campagna referendaria. In questo senso la legge sul salario
minimo è un importante momento di passaggio dal sostegno al referendum
al sostegno alle liste che mettono la legge nel proprio programma.
La burocrazia sindacale ha l'interesse di perpetuarsi come ceto e
ovviamente ampliare i privilegi di cui gode. L'autorganizzazione del
movimento operaio è il principale nemico della burocrazia, perché nega
il suo ruolo di mediazione.
La partecipazione ai referendum, la partecipazione alle iniziative a
favore dei referendum sono quindi delle trappole, sia per le minoranze
radicali sia per la classe nel suo complesso.
Tiziano Antonelli
https://umanitanova.org/la-trappola-del-referendum-lastuta-mossa-della-burocrazia-sindacale/
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