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(it) Italy, Umanita Nova #14-25 - In morte del papa re. La maschera populista di un monarca (ca, de, en, pt, tr)[traduzione automatica]
Date
Tue, 10 Jun 2025 06:52:39 +0300
Roma blindata. Strade chiuse, piazze militarizzate, cecchini sui tetti,
sistemi anti-drone attivati, cacciatorpediniere pronti sul Tevere. Per
salutare un sovrano straniero, Jorge Mario Bergoglio detto "Papa
Francesco", la città è stata trasformata in un teatro di guerra. Gli
allarmi rimbalzavano sui cellulari dei cittadini come una nuova liturgia
dell'ansia, mentre l'intera popolazione, ignara e impotente, si trovava
sequestrata dentro la propria città. E naturalmente, come sempre, a
pagare il conto sono stati gli stessi cittadini italiani, quelli che
l'acqua del Vaticano la forniscono gratis e che adesso hanno dovuto
finanziare anche la messinscena funebre dell'ennesimo monarca d'Oltretevere.
Non solo repressione fisica, ma anche culturale e simbolica: il governo
Meloni ha proclamato cinque giorni di lutto nazionale, mascherando
dietro il cordoglio religioso una precisa volontà politica:
ridimensionare, oscurare, spegnere il 25 aprile, Festa della
Liberazione, festa dell'antifascismo che l'esecutivo neofascista non ha
mai digerito. In Italia il morto giusto può ancora essere più utile del
vivo che lotta.
Davanti a questo scenario, la parata ipocrita dei potenti si è compiuta
in tutto il suo squallore. Politici di destra e di "sinistra" si sono
presentati ai funerali, inginocchiandosi davanti a quel simbolo di
potere. Gli assenti, se ci sono stati, lo sono stati solo per
opportunismo e non per convinzione.
Viene ricordato come "il papa dei poveri", ma Papa Francesco, come
ricordato nel precedente numero da Daniele Ratti, non ha mai avuto il
coraggio, né la volontà, di sostenere la Teologia della Liberazione,
quella che, in America Latina, cercava di saldare cristianesimo e lotta
contro l'oppressione. Anzi, la storia ci racconta l'opposto: Jorge
Bergoglio, in Argentina, si è sempre tenuto lontano - o addirittura
ostile - a quelle esperienze. Condannò apertamente i suoi confratelli
gesuiti che aderivano agli ideali di Gustavo Gutiérrez, Helder Câmara e
Leonardo Boff. La sua visione di "carità" è sempre stata paternalista,
altro che rivoluzionaria!
Nel 2004 definì "fascismo" l'introduzione dell'educazione sessuale nelle
scuole di Buenos Aires. Nel 2010 parlava di "guerra di Dio" contro il
matrimonio egualitario. Altro che apertura e modernità: Bergoglio
rappresentava l'ala più conservatrice della Chiesa argentina, quella
che, come ricordato dall'intellettuale uruguayano Alberto Methol Ferré,
aveva lasciato morire la spinta dei poveri verso la liberazione per
paura di compromettersi politicamente.
Durante la dittatura militare di Videla, come denuncia il giornalista
Horacio Verbitsky nel suo libro "El silencio", la biografia di Bergoglio
fu legata a doppio filo alla pagina oscura della "Guardia de Hierro" e
della sparizione dei due gesuiti, Orlando Yorio e Francisco Jalics.
Altro che "Papa dei desaparecidos", piuttosto fa molto eco il suo
assordante silenzio nei confronti di un regime sanguinario.
Ratti ha avuto il coraggio di dirlo senza ipocrisie: un papa resta un
papa, cioè un reazionario. I media occidentali, nella loro foga di
trovare sempre un "Papa buono", hanno spazzato sotto il tappeto le reali
posizioni di Bergoglio.
Femminismo? Per lui è solo "machismo con la gonna". Omosessualità? Da
"curare con la psichiatria" se si manifesta troppo presto. E le lobby
gay una delle ossessioni da combattere, anche dentro la Chiesa. Donne
prete? Un "no" netto e irrevocabile. Preti sposati? Solo "forse", e solo
in "angoli remoti" come l'Amazzonia. Aborto? Un crimine peggiore del
terrorismo: i medici che lo praticano sono "sicari su commissione".
Sul fronte della pedofilia ecclesiastica, Papa Francesco non è stato il
purificatore che ci raccontano: ha difeso e protetto figure chiave della
gerarchia coinvolte in scandali enormi. In Argentina cercò di insabbiare
il caso del prete pedofilo Julio César Grassi; da Papa, non trovò mai il
tempo di incontrare Jean-Marc Sauvé, autore del rapporto sugli abusi in
Francia.
Quando nel 2015 la redazione di Charlie Hebdo fu colpita dal terrorismo
islamista, un attentato che fece diciassette vittime, Francesco trovò il
modo di "condannare" l'attentato... ma subito aggiunse che chi insulta
la fede degli altri "deve aspettarsi un pugno". Un modo elegante per
dire che la libertà d'espressione si può sacrificare davanti alla religione.
Insomma, Jorge Bergoglio non ha certo cambiato la Chiesa. Ha solo
aggiornato il marketing. Un iPad in mano, qualche gesto populista,
milioni di follower su X (precedentemente Twitter, attualmente di
proprietà di X Holdings Corp., una società controllata da Elon Musk) e
una tonnellata di retorica sui poveri - retorica mai tradotta in atti
politici veri contro l'oppressione sistemica che la Chiesa stessa ha
storicamente sostenuto.
Papa Francesco non è stato un "progressista". È stato un conservatore
con il sorriso, il volto umano di un'istituzione marcia, che si salva
solo a patto di riproporsi con abili trucchi di comunicazione. Ha
lottato contro ogni reale forma di liberazione, dall'America Latina
all'Europa, e ha difeso fino alla fine il sistema patriarcale,
autoritario e violento che chiamiamo Chiesa cattolica.
Per questo oggi, mentre i potenti si inchinano davanti alla sua bara,
noi continuiamo a inchinarci solo davanti a chi lotta veramente per
liberare il mondo.
'gnazio Fatina
https://umanitanova.org/category/2025/numero_14-2025/
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