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(it) Italy, Umanita Nova #13-25 - Ma avevo la rivolta fra le dita (ca, de, en, pt, tr) [traduzione automatica]
Date
Fri, 6 Jun 2025 08:42:31 +0300
Esiste nella figura e nella pratica artistica di Renato Spagnoli da una
parte il desiderio dichiarato di un'arte che rifiuta, strutturalmente
indocile, e allo stesso tempo, le antenne vigili di chi non vuole fare
del rifiuto un comodo rifugio quanto piuttosto un punto di partenza per
aprirsi al mondo. Spagnoli non si è mai sottratto, non ha mai scelto
l'isolamento. Ha agito, si è esposto, ha prodotto. Prima operaio, poi
ferroviere, poi artista, ma sempre anarchico, non nel senso estetico del
termine, ma nella pratica politica del fare. ---- In questo senso,
Spagnoli non ha mai concepito il "mettersi fuori" come una scelta
individualista o una forma di purezza estetizzante. Il rifiuto delle
strutture e delle regole del sistema non implicava, secondo la sua
visione, il rifugio in un ghetto intellettuale o in un misticismo
autoreferenziale, ma anzi esigeva un'apertura verso forme operative
capaci di agire nel presente senza dogmi. L'arte, intesa come
liberazione, non poteva permettersi chiusure ideologiche; aveva invece
una disposizione a rendere l'opera il punto d'impatto tra una necessità
interiore e un contesto da trasformare. Per Spagnoli, il senso
dell'opera non si esauriva mai in chi la produceva, ma si completava
nello sguardo di chi la incontrava: "la mia intenzione è sempre stata
quella di coinvolgere lo spettatore nella determinazione del giudizio
finale", dichiarava, in un coinvolgimento aperto e mai prescrittivo.
La sua produzione artistica riflette con coerenza questa posizione: è
ripetitiva, ossessiva, radicale. La A, prima lettera dell'alfabeto,
ritorna costantemente nelle sue opere, deformata, svuotata, sezionata,
moltiplicata fino a diventare forma pura, matrice, simbolo che perde il
suo senso originario e si apre a nuove letture. "È così difficile
trovare l'inizio. O meglio: è difficile cominciare dall'inizio. E non
tentare di andare ancor più indietro", scriveva Wittgenstein, e Spagnoli
sembra aver preso alla lettera questa difficoltà, cercando di
riformulare ogni volta il punto di partenza.
Ed è proprio una partenza al centro di questa vicenda.
Nel 1974, infatti, Spagnoli partecipa a una mostra al Grand Palais di
Parigi dal titolo Grands et Jeunes d'aujourd'hui. Per questa occasione
realizza una serie di tele di grande formato, utilizzando lenzuola
copriletto matrimoniali con pittura a spray, per essere comodamente
trasportate da Livorno in treno dentro una "piccola" valigia.
Quel viaggio, oggi, viene rievocato da Laveronica Arte Contemporanea
insieme alla galleria Gian Marco Casini, in una nuova azione attraverso
la rotta Toscana-Sicilia. L'opera verrà trasportata in treno come
allora, ma il lenzuolo è ora accompagnato da testimoni e militanti
anarchici di ieri e oggi: Tiziano Antonelli, Pippo Gurrieri, Natale
Musarra. Il viaggio si concluderà a Ragusa, dove il lenzuolo di Spagnoli
sarà sventolato sul palco del Primo Maggio. Il viaggio non è semplice
rievocazione ma un'occasione per riattivare un pensiero, per rimettere
in circolo una pratica, per far emergere nuovamente l'opera come
detonatore di relazioni.
Osservando il lenzuolo di Spagnoli si ha quasi l'impressione che quel
segno A ripetuto minuziosamente possa prendere vita e, abbandonando la
superficie, risuonare nello spazio. Come un grido prolungato o un
ammonimento, a seconda dei punti di vista. Mi torna alla mente la
recente opera filmica Preemptive Listening dell'artista inglese Aura
Satz, in cui oltre venti musicisti sperimentali sono stati invitati a
immaginare nuove forme per la sirena: dal suono dell'arpa al rimbombo
del nucleo terrestre. La sirena, svincolata dal suo significato
tradizionale di allarme, si trasforma in un codice ambivalente. Può
ancora essere segnale di allerta, ma può anche diventare strumento di
lettura del presente, eco di una crisi in atto o, nell'era del policing
predittivo, minaccia latente in sé. Liberandosi dal peso delle
catastrofi passate, il film di Satz evoca modi alternativi di rispondere
al richiamo della sirena come via verso futuri possibili.
Anche il viaggio del lenzuolo, che oggi si ripete con altri corpi, in un
altro tempo, può essere pensato come una sirena. Non perché annunci
qualcosa di definito, ma perché apre una possibilità. Il lenzuolo non è
monumento, ma oggetto mobile, cimelio di una eredità non ancora
pronunciata. "L'opera di un artista è un ordinato modello di
comportamento, anche se in contrasto anzi, in opposizione con le regole
dell'ordine costituito e sacralizzato", scriveva Spagnoli, e mai come
oggi questa definizione appare necessaria. Perché ci ricorda che l'arte
è soprattutto costruzione di modi di stare al mondo, di forme di
relazione, di possibilità di disobbedienza.
In una sua intervista, Spagnoli afferma con candore un imperativo
bellissimo "bisogna partecipare immensamente". Mi soffermo sul termine
immensamente che ha a che fare sia con l'intensità della partecipazione,
che con la sua ampiezza e infine con la sua durata ostinata nel tempo.
In un contesto contemporaneo segnato da stati di allarme permanenti, da
una prossimità costante con l'idea di catastrofe e da un diffuso senso
di impotenza, questa esortazione conserva tutta la sua urgenza e
bellezza. Forse è da qui che occorre ripartire: da una forma di
partecipazione che si costruisce nel tempo attraverso la continuità, la
presenza, l'assunzione di responsabilità, in una prossimità reale, nello
spazio di un vagone o di una piazza.
1° maggio
ore 10 Piazza San Giovanni- Ragusa, presentazione dell'opera 7457 di
Renato Spagnoli
Comizi -Spazio libri - ristoro - a cura del gruppo Anarchico di Ragusa (FAS)
ore 18 Galleria Laveronica Modica,
opening mostra personale di Renato Spagnoli "Ma avevo la rivolta tra le
dita"
da un testo di Tea Paci
nell'immagine: Ma avevo la rivolta tra le dita. Renato Spagnoli, invito,
particolare
https://umanitanova.org/ma-avevo-la-rivolta-fra-le-dita/
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