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(it) Italy, UCADI #196: 25 APRILE (ca, de, en, pt, tr) [traduzione automatica]

Date Thu, 5 Jun 2025 08:51:20 +0300


Se parliamo poi di massacri, non abbiamo autorevoli esempi? In tutto il mondo si fabbricano ordigni sempre più perfetti per lo sterminio in massa della gente, e quante donne innocenti e bambini sono stati uccisi senza pietà, e magari in modo più scientifico! ---- Eh, come sterminatore sono un misero dilettante, al confronto ---- Chiarlie Chaplin, "Monsieur Verdoux" ---- ANCHE I RICCHI PIANGONO ---- Le date periodizzanti, con il trascorrere del tempo, si perdono nel mito, nella nebulosa di un passato lontano, affievoliscono la loro urgenza, i protagonisti scompaiono e con essi la passione. ---- Ma, ci sono casi nei quali queste date rappresentano cesure così importanti da non perdere la loro incandescenza negli anni.
Tra queste, sicuramente, ci sono le rivoluzioni, ovvero il ribaltamento violento dell'ordine sociale, che rimangono come ferite aperte. Se, da un lato, sono rivendicate dai loro fautori ed esegeti, la loro "permanenza" quasi sempre avviene paradossalmente perché le classi dominanti puntano su quelli eventi un faro abbagliante, a dimostrazione che la parola "terrore" più che un metodo rivoluzionario è proprio il sentimento delle classi dominanti spodestate.
Quindi, dove tali classi sono rimaste al potere o dove l'hanno riconquistato, la loro egemonia nell'indirizzare il "senso comune" trasforma la memoria della rivoluzione in una cupa scia di sangue.
Intendiamoci, le rivoluzioni il sangue l'hanno versato. Ma, nella storia la violenza è (ed è) stata una sicura e costante presenza. Del resto, fin dalle prime classi della scuola elementare si studiano le guerre e le battaglie che "fanno la storia" ed il "De Bello Gallico" è la base per imparare il latino attraverso la guerra vista dalla parte di chi si rese responsabile della morte di centinaia di migliaia di esseri umani.
Ma il sangue sgorgato durante le rivoluzioni appare sempre più abbondante di quello della "normale" guerra che attraversa la storia dell'umanità. Il rivoluzionario è sempre sullo scranno degli imputati, colpevole di aver ucciso senza pietà anche i "poveri bambini" dello Zar o di aver decapitato la "innocente" Maria Antonietta.

UNA SCELTA DI CLASSE

Il fatto inedito nella storia d'Italia, quello di una classe di giovani, anche giovanissimi, nata e cresciuta sotto il "regime reazionario di massa" fascista che, invece di aspettare i non disinteressati liberatori a angloamericani, prende le armi e, al di là di ogni certificazione legale, decide di sparare direttamente su nazisti e fascisti, rimane di difficile digestione per i "padroni del vapore".
Padroni che, con la rimozione di Mussolini, auspicavano un regime senza il Duce (che sarebbe stato certamente benvoluto oltreoceano e oltremanica), questa scelta non l'hanno mai accettata e da 80 anni la Resistenza è sotto i riflettori.

LA RESISTENZA A BASSO VOLTAGGIO

Se nell'immediato secondo dopoguerra, dopo la rimozione dei comunisti dal governo a seguito del diktat USA attuato dall'obbediente De Gasperi, essa rimase appannaggio della sinistra, dopo gli anni ‘60, e i primi chiari tentativi di rimettere in campo il fascismo come opzione anti-popolare, si cominciò ad inserirla nel contesto più ampio. Per fare questo era necessario smussarne gli angoli, tagliare le unghie della sovversione sociale, farla diventare, insomma accettabile.
Ora, è evidente che la Resistenza sia stata un fenomeno complesso. Nessuno lo mette in dubbio. E le tre guerre che 35 anni fa Claudio Pavone mise al centro del suo fondamentale studio sono e rimangono elemento fondamentale.

UNA SCELTA SENZA CLASSE

Ma di quelle tre guerre: Guerra civile (perché tale era in quanto guerra fra i componenti di uno stesso paese), Guerra patriottica (perché si voleva costruire un'idea di patria completamente diversa da quella fascista) e Guerra di classe (perché il fascismo aveva rappresentato sì una forma peculiare nella storia del capitalismo, ma sempre dentro quel contesto era nato e si era sviluppato) quest'ultima pare scomparsa dai radar, non solo e non tanto nelle celebrazioni ufficiali ma perfino nelle ricerche dei giovani storici. sponsorizzati spesso dagli eredi del partito comunista italiano.
Eppure, senza neppure molto sforzo interpretativo, pare evidente che se da quella triade eliminiamo un componente, gli altri due appaiono, non a caso, privi di senso politico.
La guerra civile, da sempre è caratteristica delle rivoluzioni. Contro chi dovrebbero combattere le classi subalterne se non contro i propri oppressori? La guerra patriottica, anch'essa, è stata uno degli elementi fondamentali per la liberazione coloniale.
Tolta la guerra di classe, il fascismo e la sua estensione della RSI rischiano di diventare, come nei fatti sta accadendo da decenni, una specie di bullismo di stato, un regime che tolse la "libertà", una banda di violenti, criminali.
Tutto giusto, tutto corretto. Ma se dal fascismo si toglie la reazione di classe non se ne può cogliere la profonda ed evidente natura.

FASCISMO POPOLANO?

Appena nati come confuso movimento, a Milano, i fasci di combattimento assaltarono l'Avanti! Al di là quindi dei proclami "avanzati" e dello stesso termine "fascio" che era caratteristico della sinistra dell'epoca (e della stessa storia di Benito Mussolini) il fascismo viene creato avendo come nemico il movimento operaio e contadino. Il fatto che alcune storie personali abbiano fatto confluire personalità di sinistra (anarchici, socialisti e comunisti) al suo interno dimostra solo la confusione creata dallo stesso fascismo, mentre quella personale di singoli individui è da sempre una componente da tenere in conto in ogni fase dello scontro di classe.

UN'ALLEANZA A DENTI STRETTI

Per rispondere ad un tale sistema, che con la RSI dimostrò la sua facciata più sanguinaria ma anche ambigua (le "socializzazioni" e lo "spirito repubblicano"), era ovvio che la Resistenza nascesse e si sviluppasse in maniera complessa e articolata. Era ovvio che bisognasse allearsi anche con quelli che sarebbero diventati gli avversari del giorno dopo.
E dovrebbe essere abbastanza ovvio che oggi quella diversità e complessità andrebbe pienamente rivendicata.
Ma per farlo sarebbe necessaria la presenza di un soggetto politico che avesse conoscenza dei fatti e consapevolezza ideologica.

LA SINISTRA ROSE'

La vera "revisione" è arrivata non da destra, dove l'odio per la Resistenza è rimasto immutato nei decenni (ed è anzi un titolo di merito) ma dalla ex-sinistra, che, nella sua appropriazione della storia partigiana ha continuamente smussato gli angoli ad ogni passo che faceva verso l'accettazione supina del sistema capitalista. Una vera e propria catena di smontaggio ha contribuito a derubricare la Resistenza a fatto memoriale, eroico, epocale, risorgimentale. Ma dove lo scontro sociale, l'idea di una Italia socialista che era parte integrante di quel fenomeno è stata letteralmente seppellita.
Seppellita sotto le sfilate della "Brigata ebraica" una bufala che risorge nel momento in cui lo Stato di Israele sta commettendo un genocidio a Gaza. Nei discorsi sui "ragazzi di Salò" e sull'attacco alla Costituzione Italiana, proprio nei punti di maggiore pregnanza sociale (la mancata riforma di Renzi che però riuscì ad affondare lo statuto dei lavoratori, che di quella Costituzione era il diretto parto).

MEMORIA DIVISA

In questi ultimi 30 anni alcune parole sono entrate nel gergo comune. Sono parole che ricalcano concetti vecchi come la storia: "Bipartisan", "divisivo", "memoria condivisa". Tutte hanno lo stesso significato, ovvero l'idea di una società interclassista senza conflitto sociale.
In questi giorni di celebrazioni per gli 80 anni dalla liberazione sentiamo di nuovo quelle parole "il 25 aprile è di tutti". Bisognerebbe smetterla una volta per tutte e rivendicare il carattere profondamente conflittuale di quella pagina di storia. Rivendicarne proprio la divisività come concetto positivo.
La memoria condivisa è una parola senza senso che ha, in questi anni, intorbidito le acque e confuso le menti.
Il fascismo "non è una malattia" (come cantava Manfredi) ma una scelta, una decisione politica. Nell'Italia "pacificata" può anche andare bene che si passeggi sulla stessa strada. Ma i percorsi che fecero i partigiani partivano e portavano dalla parte opposta.

Andrea Bellucci

https://www.ucadi.org/2025/04/28/25-aprile/
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