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(it) Italy, UCADI #196: Tra Ucraina e Gaza (ca, de, en, pt, tr) [traduzione automatica]

Date Wed, 4 Jun 2025 08:02:54 +0300


Ora che il più autorevole sostenitore della pace è venuto meno e che le aspettative sull'intervento risolutivo trumpiano per la pace si fanno sempre più avare di risultati è necessario chiedersi a che punto sono le due guerre e con quali prospettive. ---- Mentre gli Stati Uniti e la Russia trattano, per quanto riguarda l'Ucraina, le preoccupazioni dei negoziatori USA sembrano più motivate dalla ricerca di un'occasione per sganciarsi dal conflitto, attribuendo la responsabilità della sconfitta e del fallimento delle trattative agli ucraini e più interessati dall'intenzione di fare business con le risorse Ucraina; la Russia accoglie con favore la trattativa come una possibilità di vedere cosa c'è nel piatto e nel frattempo attenuare le sanzioni, guadagnando tempo per continuare a combattere. Già, perché il tempo è ciò che la Russia cerca ed ha, mentre l'Ucraina ne ha sempre di meno.
L'Ucraina confida sul sostegno della cosiddetta coalizione dei volenterosi, un'accozzaglia di leader perdenti ed imbecilli che hanno scelto di lavorare a danno degli interessi e delle economie dei propri paesi. Del resto cosa c'è da attendersi da una coalizione che cerca di bissare l'infelice disastroso nonché criminale esperimento di alleanza che sostenne la vigliaccata irachena, a fianco degli Stati Uniti? Il loro punto di riferimento è l'apparato economico industriale ucraino del quale espressione la destra nazionalista del paese che punta tutto sullo sviluppo dell'industria bellica nazionale, disposta ad immolare l'intero popolo ucraino pur di combattere e vincere la sua battaglia.
L'alleanza che fa capo ai volenterosi si fa forte dei rapporti con un blocco di potere composito, che spazia dagli atlantisti statunitensi anti-russi sconfitti da Trump, alla massoneria britannica, forse impegnata in un confronto di opinioni con quella francese, come il recente viaggio di Carlo III d'Inghilterra a Ravenna dimostra, alla ricerca di alleanze con la massoneria italiana - come segnalano i cittadini di Ravenna ai quali l'incontro non è sfuggito. Se ciò è vero, ne vedremo presto i riflessi sul mutare delle opinioni politiche in Italia a proposito della vicenda ucraina e della guerra all'interno degli schieramenti politici!

Sul campo di battaglia ucraino

Sul campo di battaglia la pressione russa continua a crescere. Eliminata la sacca di Kursk e ripreso il pieno controllo del territorio russo, occupato dagli ucraini, i quattro gruppi d'armata che la Russia schiera sul fronte di guerra stanno ridefinendo i loro piani strategici. Mentre quello del Nord sembra destinato ad allargare la testa di ponte già aperta nella regione di Sumy, quello del nord-est rafforzerà inevitabilmente la pressione verso l'oblast di Charkiv, cercando nel contempo di facilitare le operazioni per il completamento del recupero del controllo totale sull'oblast di Donnesk.
Il compito certamente più difficile è quello affidato al raggruppamento della zona Centro che cercherà di operare per dividere il fronte centrale di guerra, penetrando in profondità, dividendo in due lo schieramento difensivo ucraino sia avanzando ed attaccando in direzione di Kostjantynivk, con obiettivo di arrivare a Kramatorsk e a Slovjansk, il cui controllo per i russi è irrinunciabile. Tutto ciò richiede tempo e non sarà facile perché si tratta di avanzare in aree fortemente presidiate e fortificate. Pertanto occorrerà del tempo e non poco perché ciò si realizzi anche perché è da presumere che nella difesa di questi obiettivi gli ucraini getteranno inevitabilmente tutte le loro risorse residue. Il tempo potrebbe ridursi se i russi riuscissero a sfondare il fronte, dilagando verso l'oblast di Dinipropetrovsk, ormai a portata di mano.
Non vi è dubbio che il gruppo Sud continuerà le operazioni già iniziate nella parte dell'oblast di Zaporižžja non ancora controllato dalla Russia, risalendo verso nord e contribuendo a chiudere in una morsa una parte non rilevante dello schieramento difensivo ucraino. Ci sono quindi tutti gli elementi per pensare che la guerra durerà ancora e a lungo se le soluzioni dovranno venire dal campo di battaglia.
Qualunque sia la mediazione raggiunta in sede di trattativa nei territori fino ad ora rivendicati dovrà svolgersi un referendum controllato da osservatori internazionali, anche se esiste la possibilità che con il perdurare del conflitto e l'ingresso in quello di Dinipropetrosk dei russi l'annessione di quest'ultimo si aggiunga alle rivendicazioni di Putin.
Nel frattempo il paese muore, il solco di odio fra i popoli russo ed ucraino si approfondisce, si complicano le questioni connesse alla possibilità di trovare soluzione ai problemi oggettivi presenti sul territorio. Oggi l'Ucraina è un paese lacerato ,nel quale è in corso una guerra tra gruppi confessionali dei cittadini, dove le libertà civili sono state mortificate dalla legge marziale sia per quanto riguarda l'attività dei partiti politici che è quella sindacale, dietro una apparente la libertà di pensiero e culturale. Ma ciò che è più grave per la profonda dissoluzione della compagine sociale nella quale vige una corruzione diffusa, la speculazione di guerra, fatta di arricchimenti improvvisi e di grandi povertà, la presenza di rovine materiali infrastrutturali e di cicatrici profonde dei diversi gruppi etnici che compongono il paese, soprattutto per quanto riguarda la minoranza rumena e ungherese. Una grande insofferenza e preoccupazione si fa strada nella parte centrale del paese, nell'ucraina profonda dove si acquisisce sempre di più consapevolezza dell'immane problema costituito dalla ricostruzione, mentre l'esodo massiccio di un quarto della popolazione, prodotto dalla guerra, ha causato un depauperamento demografico che sarà impossibile da recuperare, anche nell'arco di un ventennio. Ma vi è di più: la tanta desiderata adesione all'unione minaccia di facilitare l'esodo di un gran numero di cittadini alla ricerca di una vita migliore, con l'immissione del paese della libera circolazione all'interno dell'unione. La desertificazione dell'Ucraina causata dagli eventi bellici si rivela impossibile da arginare in un'Europa nella quale prevale il deperimento demografico progressivo e inarrestabile di molti suoi territori, mentre non è escluso che una rovinosa sconfitta sul campo finisca per far esplodere la questione nazionale anche sui confini occidentali, tra le componenti rumene polacche e magiare del paese. Così gli effetti del riarmo degli Stati nazionali sarebbe quello di utilizzare queste nuove capacità acquisite in un conflitto ulteriore sul territorio europeo, in una sorta di balcanizzazione dell'Ucraina.

Sul fronte di Gaza e Cisgiordania

Guardando a quanto sta avvenendo in Palestina e confrontando l'approccio verso i due conflitti da parte dei leader dell'Occidente, emerge in tutta evidenza la disparità di trattamento relativamente ai valori di riferimento sia per quanto riguarda la pietà umana per le vittime del conflitto che il rispetto delle norme relative all'autodeterminazione dei popoli e all'applicazione del diritto internazionale.
L'interesse degli Stati Uniti nel sostenere Israele come suo subagente per l'area mediorientale non viene minimamente messa in discussione e si accetta con fatalismo e rassegnazione, fino al punto da trasformarla in una aspirazione naturale quella di gestire in modo esclusivo gli interessi economici e strategici dell'area che il conflitto investe. L'eccidio del 7 ottobre perpetrata da Hamas ha provocato e continua a provocare da 80.000 a 100.000 morti, senza che si veda la fine del conflitto; vittime principali donne, bambini ed anziani, non in grado di sottrarsi alle bombe, alla distruzione, agli eccidi, alla fame, alle malattie, alla morte lenta e dolorosa, per mancanza di cure e con analgesici negati, mentre ogni ospedale o punto di cura ed assistenza viene bombardato e distrutto. La Striscia di Gaza è un cumulo di macerie sterminato, del quale non si vede la fine, con un popolo ridotto oggi ad un milione e mezzo di abitanti, falcidiato dalle uccisioni e dalle malattie, che vaga da un fazzoletto di territorio all'altro, alla ricerca disperata di un minimo di spazio vitale, per sottrarsi ai bombardamenti e ai proiettili che arrivano da ogni parte. Tutto questo mentre si fanno progetti per speculazioni edilizie e l'edificazione di resort turistici sulla loro terra, dopo aver costretto questo popolo all'esodo.
Ne diversa, anche se volutamente meno nota, è la situazione in Cisgiordania, dove ogni giorno, ogni ora, si compiono eccidi di popolazione autoctona, espropri della loro terra, occupazione delle loro case, senza che i responsabili di tutto questo vengano puniti, mentre sono sostenuti ed affiancate da un esercito in armi che ne completa l'opera.
La consapevolezza dell'orrore e della vergogna per quanto sta avvenendo emerge in modo manifesto dall'autocensura dei politici e della stampa, la quale evita ipocritamente di parlare di genocidio, mentre è del tutto evidente che questo è quello che sta avvenendo sotto gli occhi di tutti. Il conflitto è complicato da scontri sul confine libanese dove Israele distrugge sistematicamente infrastrutture e bombarda la popolazione, facendo altrettanto sulle aree intorno al fronte del Golan, approfittando della dissoluzione dello Stato siriano, del quale Israele è pronto a incamerare territori per dar vita alla grande Israele, preconizzata dalla Bibbia.
L'obiettivo sempre più chiaro del sionismo israeliano ed internazionale è quello dell'esodo forzato di tutti i palestinesi dalla loro terra, della loro estinzione anche come persone fisiche, non solo come popolo con un proprio territorio. Di questa nefandezza l'occidente nel suo insieme si rende complice tacendo, con viltà, sul mancato rispetto di ogni diritto ed accettando la violazione dei principi che a parole stanno alla base delle sue convinzioni più profonde.

Come uscirne

La pace in Ucraina è obiettivo prioritario, è interesse dei popoli europei. Le politiche di riarmo da questi adottate, ancorché sostenute da decisioni illegittimamente assunte, rischiano di creare le premesse della dissoluzione politica dell'Unione europea, con la fine di ogni forma di collaborazione fra i popoli del continente, reintroducendo la guerra come strumento di soluzione dei conflitti tra le diverse identità nazionali che pure esistono. Occorre che tra i principi fondanti dell'Unione, nel rispetto della aequis comunitario, si rispettino i diritti di uguaglianza tra tutti i cittadini, a prescindere dalle diverse appartenenze linguistiche ed etniche, nonché religiose, proprio per garantire quello spazio giuridico di godimento dei diritti che viene presentato come la cifra qualificante dello stare insieme. Solo così si potranno recidere alla radice causa e ragioni del ritorno della guerra fra i paesi europei e non v'è dubbio che ciò costituirebbe la migliore difesa contro ogni aggressione anche esterna, mentre la le discriminazioni tra i cittadini, la repressione delle minoranze fomenta il conflitto interno e con l'esterno. Conferire pieni diritti alle minoranze russofone dei paesi baltici, ad esempio è un modo e insiema una condizione per rimuovere potenziali conflitti.
Nello stesso tempo quanto avviene a Gaza merita tutto il nostro impegno e la mobilitazione e ogni iniziativa a partire da un deciso boicottaggio economico di Israele attraverso l'isolamento, la rescissione di ogni relazione economica, commerciale e con le istituzioni culturali e di ricerca del paese, mantenendo tuttavia aperto il canale di comunicazione con l'opinione pubblica israeliana che va indotta a veder prevalere al suo interno la tendenza oggi fortemente minoritaria a dar vita nel paese ad una società multietnica e multi religiosa, che consenta a tutti coloro che vi abitano, appartenenti a qualsiasi fede, di vivere in pace sui territori di Palestina.

La Redazione

https://www.ucadi.org/2025/04/28/tra-ucraina-e-gaza/
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