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(it) sicilia libertaria: O la Borsa o la vita -- Crisi. La grande abbuffata sui fondi europei
Date
Tue, 23 Feb 2021 08:34:18 +0200
In appena 172 pagine è contenuto il passaporto per l'Italia del futuro, un futuro
più radioso, più ecologico, più giusto, più competitivo, nelle intenzioni
governative. Stiamo parlando del Piano nazionale di ripresa e resilienza (Pnrr),
il documento che il governo ha approntato per potere accedere ai fondi del
Recovery plan o fund, meglio noto in Europa come Next generation Eu. Il governo
Conti, ormai bis, aveva dato il via libera a questa prima bozza in un
problematico consiglio dei ministri il 12 gennaio scorso, ne stava cominciando a
discutere con le parti sociali e avrebbe dovuto presentarlo al Parlamento, per
giungere ad una versione definitiva che deve essere inoltrata in aprile
all'Europa, ma il percorso si è interrotto per la crisi aperta dalle dimissioni
dei ministri renziani, crisi che in questi giorni si sta sempre più avvitando su
se stessa per schermaglie che dipendono esclusivamente dal posizionamento dei
gruppi e dei partiti politici.
L'ammontare complessivo del Pnrr è di 220 miliardi, 209 quelli che dovrebbero
giungere attraverso il Recovery fund. Con un linguaggio che vuole apparire
ispirato ("Non c'è un mondo di ieri a cui tornare, ma un mondo di domani da far
nascere rapidamente") e un'architettura del testo ad incastri che mano a mano si
vanno sciogliendo fino a trovare la giusta soluzione, il piano si struttura su
tre assi strategici - digitalizzazione e innovazione, transizione ecologica,
inclusione sociale - e tre priorità trasversali - donne, giovani, Sud -, i quali
si articolano in sei missioni - digitalizzazione, innovazione, competitività e
cultura; rivoluzione verde e transizione ecologica; infrastrutture per una
mobilità sostenibile; istruzione e ricerca; inclusione e coesione; sanità -,
queste a loro volta raggruppano sedici componenti, le quali si definiscono in
quarantasette linee di intervento. Analizzare un piano così articolato non è
certo possibile in uno spazio breve, ci limitiamo ad alcune osservazioni e a
qualche esempio riferito alle "componenti" individuate.
Innanzitutto il piano sconta una certa indeterminatezza, infatti nel testo più
volte ricorrono espressioni come: "Tali linee progettuali verranno più
puntualmente definite, con le relative concrete iniziative di investimento in
coerenza con la strategia nazionale complessiva in corso di definizione per
alcuni aspetti ..." .
Più volte gli estensori fanno riferimento ad un presunto Rinascimento europeo che
starebbe per voltare le spalle alle politiche di austerità e promuoverebbe
un'Europa solidale e più inclusiva. In realtà l'orizzonte che viene tracciato è
quello di un capitalismo per niente socialdemocratico, in cui impresa e mercato
rappresentano i fari guida. "Il nostro Paese si riconosce pienamente in un
cammino di progressiva condivisione dei rischi per investimenti volti ad
affrontare priorità comuni, a recuperare capacità produttiva, a migliorare le
infrastrutture materiali e immateriali, ad affrontare la transizione energetica e
digitale. La sfida della crescita inclusiva riguarda tutta l'Europa, che deve
trovare un nuovo ruolo nella competizione tecnologica e nella riorganizzazione
delle catene del valore." E ancora: "Next Generation EU esprime l'urgenza e
l'opportunità di un vero e proprio Rinascimento economico europeo, con uno
strumento che consentirà alla Commissione di ottenere fondi sul mercato dei
capitali." E si potrebbe continuare, ma non troveremmo niente di diverso dal
trito armamentario del turbo capitalismo degli ultimi decenni: investimenti,
competizione, innovazione. Una narrazione che si tenta di edulcorare attraverso
il ricorso alle nuove parole passepartout, che solo per essere pronunciate
evocano una società più giusta: inclusione, sostenibilità, green, e via
discorrendo. Al centro di questa società futura e futuribile vi è la
digitalizzazione, destinataria di ingenti risorse e caricata di aspettative
messianiche. "Gli obiettivi di innovazione e digitalizzazione riguardano anche le
altre missioni. La digitalizzazione è infatti una necessità pervasiva[...]:
riguarda la scuola nei suoi programmi didattici, nelle competenze di docenti e
studenti[...]. Riguarda la sanità nelle sue infrastrutture ospedaliere, nei
dispositivi medici, nelle competenze e nell'aggiornamento del personale[...].
Riguarda il continuo e necessario aggiornamento tecnologico nell'agricoltura, nei
processi industriali e nel settore terziario[...].Riguarda le modalità di
fruizione della cultura e del patrimonio artistico e archeologico[...]. Riguarda,
infine, la stessa pubblica amministrazione e la giustizia in modo capillare".
Parola veramente chiave (come è uso insegnare a scuola), anche nelle sue valenze
più sinistre: "Nel corso di questo decennio, dovremmo affrontare una
trasformazione digitale sempre più rapida, che peraltro è al centro della
competizione geopolitica."
Ne viene fuori il quadro di una società ipertecnologizzata, iperconnessa, in cui
la macchina prende il posto di relazioni e individui.
Se si volesse poi scendere più nel dettaglio delle proposte concrete, pur nella
loro genericità, si intravede il preciso intento di rafforzare e avvantaggiare il
tessuto imprenditoriale esistente, in cui la forza lavoro continua a costituire
la variabile dipendente, sballottata tra lavori precari, aggiornamenti continui
per adattarsi alle necessità del mercato, fin dagli anni scolastici: "Si punta
alla costruzione di percorsi formativi che rispondano alle esigenze dei
fabbisogni professionali delle imprese". Limitandoci adesso alle prime due
componenti della missione 2 - rivoluzione verde e transizione ecologica- ecco
cosa troviamo. Prima componente - agricoltura sostenibile-, si prevedono
finanziamenti ed incentivi per la riconversione delle imprese verso modelli di
produzione sostenibile -senza specificare in cosa consistano-, per
"l'ammodernamento dei tetti degli immobili ad uso produttivo del settore
agricolo, zootecnico, agroindustriale (istallazione pannelli solari,...), per
migliorare la logistica". Tali incentivi saranno fruibili attraverso bandi e
graduatorie da predisporre. Nessun accenno all'impatto negativo dei grandi
allevamenti intensivi e della grande distribuzione e alla necessità di sostenere
un'agricoltura di prossimità di piccole dimensioni; anzi la dimensione piccola e
media delle imprese italiane è vista come un limite allo sviluppo e "alla
competitività". Sulla seconda componente - energia rinnovabile, idrogeno e
mobilità sostenibile- viene detto: "Si tratta di una delle componenti più
importanti del Piano per via del suo ruolo strategico all'interno dell'obiettivo
di sostenibilità ambientale e delle risorse ad essa dedicate. La componente
interviene innanzitutto sulla produzione e la distribuzione di energia, favorendo
il ricorso alle fonti rinnovabile predisponendo le infrastrutture necessarie per
la loro integrazione nel sistema elettrico nazionale e le infrastrutture per
alimentare veicoli elettrici e per lo sfruttamento dell'idrogeno liquido". Non
c'è bisogno, crediamo, di specificare chi si avvantaggerà delle risorse da
investire in questi settori.
Tutta la propaganda nazionale e benpensante è impegnata da mesi a prospettare il
Recovery come l'occasione storica da non perdere, ad ammonire di utilizzare
questa montagna di soldi, come qualcuno ha detto, per dare una svolta a questa
Italia martoriata. A noi questa montagna di soldi fa pensare alla montagna di
merda di cui parlava Peppino Impastato a proposito della mafia. Un montagna che
ci sprofonderà ancor più nella cloaca del capitalismo
digital-cibernetico-finanziario.
Angelo Barberi
http://www.sicilialibertaria.it/2021/02/16/o-la-borsa-o-la-vita/
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